Brescia Leonessa d'Italia: le origini storiche di un titolo glorioso.
Brescia è universalmente nota come "LEONESSA D'ITALIA".

Questo appellativo le deriva da una creazione poetica di Giosuè Carducci, che volle per sempre definire il coraggio leonino con cui la città si battè durante l'insurrezione delle Dieci Giornate.

Questa poesia, studiata in tutta l'Italia dagli scolari del XX secolo, è entrata a far parte del patrimonio culturale nazionale.
Oggi le poesie non si studiano forse più con la stessa costanza, per cui i versi conclusivi, ancora ben presenti alla mente delle persone più mature, risultano spesso sconosciuti alla maggior parte degli studenti, perfino di quelli bresciani.

Tuttavia Carducci, a cui va forse il merito di avere reso popolare le gloriosa definizione, non fu il primo ad impiegarla.
Egli riprende infatti un verso di un grande poeta risorgimentale che certamente conosceva ed ammirava: Aleardo Aleardi.
È proprio in un canto di Aleardi che Brescia viene chiamata per la prima volta "Leonessa d'Italia".

Accade, in questo modo, che molti utilizzino comunemente l'appellativo "Leonessa d'Italia" senza conoscerne l'origine e facendo confusione con lo stemma cittadino, che raffigura invece un leone rampante.
Certamente Carducci conosceva bene lo stemma di Brescia, ed è proprio per questo chiamò la città "leonessa".
Rimane il fatto che nello stemma compare un leone (con la sua bella criniera), non una leonessa (che invece ne è priva), come taluni credono.

Ecco qui di seguito i brani poetici alla radice della celebre denominazione.
Prima viene riportata la famosa poesia di Giosuè Carducci.
Seguono i meno noti versi di Aleardo Aleardi.

DELLE ODI BARBARE, LIBRO V.

ALLA VITTORIA. TRA LE ROVINE DEL TEMPIO DI VESPASIANO IN BRESCIA
Giosuè Carducci, 14 - 16 Maggio 1877.

Scuotesti, vergin divina, l'auspice
ala su gli elmi chini de i pèltasti,
poggiati il ginocchio a lo scudo,
aspettanti con l'aste protese?

o pur volasti davanti l'aquile,
davanti i flutti de' marsi militi,
co 'l miro fulgor respingendo
gli annitrenti cavalli de i Parti?

Raccolte or l'ali, sopra la galea
del vinto insisti fiera co 'l poplite,
qual nome di vittorïoso
capitano su 'l clipeo scrivendo?

È d'un arconte, che sovra i despoti
gloriò le sante leggi de' liberi?
d'un consol, che il nome i confini
e il terror de l'impero distese?

Vorrei vederti su l'Alpi, splendida
fra le tempeste, bandir ne i secoli:
" O popoli, Italia qui giunse
vendicando il suo nome e il diritto ".

Ma Lidia in tanto de i fiori ch'èduca
mesti l'ottobre da le macerie
romane t'elegge un pio serto,
e, ponendol soave al tuo piede,

- Che dunque - dice - pensasti, o vergine
cara, là sotto ne la terra umida
tanti anni? sentisti i cavalli
d'Alemagna su 'l greco tuo capo? -

- Sentii - risponde la diva, e folgora -
però ch'io sono la gloria ellenica,
io sono la forza del Lazio
traversante nel bronzo pe' tempi.

Passâr l'etadi simili a i dodici
avvoltoi tristi che vide Romolo,
e sursi " O Italia " annunziando
i sepolti son teco e i tuoi numi! "

Lieta del fato Brescia raccolsemi,
Brescia la forte, Brescia la ferrea,
Brescia leonessa d'Italia
beverata nel sangue nemico.
Giosuè Carducci
14 - 16 Maggio 1877.

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CANTI DI ALEARDO ALEARDI
In:CANTI PATRII, LE TRE FANCIULLE
Sant'Ambrogio, 11 dicembre 1857

Servitum tulimus crudele et barbara jussa G.Fracastoro, in morte di Torriano.
.... Considerando le sorti
"D'un popolo che spera
Veder cessato il disonesto oltraggio
Del deforme servaggio"
(nello stesso canto)

Aleardo Aleardi osserva il calare del sole dietro i monti bresciani...

.....

Poscia di sotto a un padiglion di foco
Tremolando la spera
Calava a poco a poco;
Calar pareva dietro la pendice
D'un de' tuoi monti fertili di spade,
Niobe guerriera de le mie contrade,
Leonessa d'Italia,
Brescia grande e infelice.

.....