Brescia
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Le armi delle Cernide Bresciane
Note sull’armamento delle milizie territoriali di leva popolare nella Repubblica Veneta
Testo e fotografie di Gabriele, in occasione della mostra "Flero nella Storia" 2003.
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Storia bresciana lontano da Brescia.
Il Bastione Martinengo e la cinta delle mura di Candia.
Gabriele Tadini Martinengo
Queste pagine nascono con l'intenzione di ricordare i protagonisti bresciani della storia.
Molti bresciani hanno assunto ruoli determinanti nel quadro delle vicende nazionali italiane e, prima ancora, dal tempo dell'Impero Romano, attraverso tutto il Medioevo, sino ad arrivare al tramonto della Repubblica Veneta e al Risorgimento.
Molti di essi hanno portato testimonianza della cultura bresciana in luoghi lontani, in tutto il Mediterraneo, nelle Americhe, fino all'Estremo Oriente.
Plastico dell'antica città di Candia. Museo Storico di Iraklion.
Gabriele Tadini Martinengo fu un uomo della nostra terra, di famiglia bergamasco-bresciana. Brescia contribuì sempre, con uomini, armi, denaro e risorse di ogni genere alla grandezza della Repubblica Veneta.
Le famiglie nobili rimasero per secoli al fedele servizio della Serenissima.
Accanto ai patrizi della città combatterono e morirono innumerevoli giovani sconosciuti, poveri contadini, giovani alla disperata ricerca di gloria e di qualche soldo.
Quanti bresciani versarono il sangue per l'antica Roma? Quanti morirono gridando "Dio lo vuole!" sotto le mura di Gerusalemme? Quanti caddero sulle mura di Rodi e di Candia in difesa della cristianità di quelle antiche città?
I bresciani si distinsero per numero e valore anche tra i Mille di Garibaldi.
Non sapremo mai quanti furono a sacrificarsi per ideali diversi, talora persino contrapposti.
Tuttavia gli uomini e le donne che seppero tenere fede al dovere e ai valori in cui credevano non vanno dimenticati.
Il porto e l'arsenale veneziano con la FORTEZZA A MARE, oggi detta Koule. Plastico del Museo Storico di Iraklion.
Accanto: i resti dell'arsenale veneziano. Ricoveri coperti, per armare galere e galeazze al sicuro dai bombardamenti.
A memoria dei tanti "Zani" bresciani sconosciuti che costruirono, sudarono, montarono di guardia, questa pagina ricorda un nome che la storia non ha voluto dimenticare.
Gabriele Tadini Martinengo fu tra i difensori dell'isola di Rodi dall'assedio dei Turchi di Solimano nel 1522.
Nominato generale dell'esercito imperiale di Carlo V, divenne Priore di Barletta per i Cavalieri Gerosolimitani (oggi Cavalieri di Malta).
Dopo la caduta di Rodi e di Cipro, Candia rimase l'ultimo grande baluardo della Repubblica Veneta contro i Turchi.
Cinta delle mura venete dell'antica città di Candia, oggi Iraklion. Immagine elaborata dal pannello didattico esposto sul Bastione Martinengo
Immagine elaborata dal pannello didattico esposto sul Bastione Martinengo, a Iraklion.
Il Bastione Martinengo di Iraklion (l'antica città fortificata di Candia) è un poderoso baluardo difensivo costruito a forma di cuore ad angolo acuto che si espande sui due settori di "piazza bassa" (1) che lo fiancheggiano, dominati dal "cavaliere", che dispone di uno scalone d'accesso rivolto verso la città (2). Esso costituisce la sezione più elevata delle fortificazioni veneziane di Candia ed è rivolto verso sud-est, tra il bastione di Betlemme ed il bastione del Gesù.
Il Bastione Martinengo, caposaldo chiave delle fortificazioni venete di Candia.
Immagine elaborata dal pannello didattico esposto sul Bastione Martinengo.
Il suo nome deriva dal generale della guarnigione veneziana Gabriele Tadini Martinengo, che nel 1520 iniziò la costruzione di una torre circolare sul medesimo sito del successivo bastione.
Sul fianco ovest del Bastione Martinengo è infissa una lapide con il leone di San Marco e l'emblema del Doge Pietro Loredan con la data 1578.
Il Bastione Martinengo nel plastico dell'antica città di Candia. Museo Storico di Iraklion.
Il bastione Martinengo fu una delle più munite opere di difesa della città di Candia.
Situato in posizione strategica, subì il carico della principale direttrice di attacco dell'esercito turco.
Le sue mura furono bombardate con pesante insistenza, gravemente danneggiate e sempre ripristinate dai difensori con la massima cura durante tutto l'assedio.
Veduta del Bastione Martinengo dall'esterno delle mura venete. Ai suoi piedi c'è ora un giardino pubblico.
Due corridoi a volta erano previsti per scendere dalle mura cittadine ai due settori di "piazza bassa" (1), forse in funzione di "sortite" d'attacco nascoste, con una soluzione simile a quella che si osserva dall'ingresso del castello di Brescia.
I locali di sortita hanno una pianta trapezoidale e si trovano celati ad un livello intermedio tra la scarpata del bastione e il fossato.
Quello di est è completamente aperto, mentre quello al lato opposto è cieco e trasformato in deposito.
Una stretta rampa mette in comunicazione l'area della "piazza bassa" con il livello superiore del bastione (3).
Alla base delle mura è stata realizzata una robusta "contrascarpa" inclinata e rivestita di grandi pietre in grado di fare rimbalzare le palle di cannone.
Al di là del fossato furono costruiti, a maggior difesa dell'area esterna (5): il forte in "opera a corona" della Vergine Maria, in corrispondenza del vertice del Bastione Martinengo; il "rivellino" di San Nicola (S. Nikolaos), lungo le mura che portano al Bastione del Gesù.
Il "cavaliere" domina il tratto di mura venete del Bastione Martinengo
In cima alle mura è edificato il "cavaliere" che ha l'aspetto di un massiccio "mastio" squadrato con una rampa di scale d'accesso. Il suo scopo è quello di consentire il controllo dall'alto dell'intero bastione.
La Fortezza a Mare, oggi detta Koule. Sulla facciata si osservano chiaramente le feritoie delle postazioni di difesa poste su diversi piani.
A fianco: cannone francese fuso nel 1667, presso una delle postazioni di tiro della Fortezza a Mare
Mappa con schema tipo di una postazione difensiva della fortezza di Koule.
Soluzioni di architettura difensiva d'assedio estremamente raffinate sono riscontrabili in tutta l'antica città; di Candia.
Ciò si osserva nella straordinaria realizzazione del complesso dell'arsenale, con vasti cantieri di carenaggio, coperti e protetti dai bombardamenti.
Altrettanto si verifica nella complessa costruzione della fortezza veneziana Koule, posta a difesa dell'imboccatura del porto.
Ad esempio, le postazioni di difesa all'ingresso della rocca sono protette da uno spessore di mura di diversi metri ma presentano all'esterno una luce di pochi decimetri e un fronte interno di puntamento largo metri (A).
Snidare i difensori da queste posizioni è praticamente impossibile perché il corridoio d'accesso è stretto, in discesa ed a gomito (B).
Questa disposizione della via di accesso impedisce l'impiego di mezzi di sfondamento, come ad esempio gli arieti.
I locali di difesa ricavati nelle poderose mura sono inoltre dotati di ali che tornano indietro verso il corridoio di accesso (C).
In questo modo, qualunque aggressore intento a scardinare o minare la porta rimane sottoposto ai tiri dei difensori che agiscono dalle feritoie che danno sul corridoio (D).
Soluzioni altrettanto ingegnose sono applicate a tutta la piazzaforte ed all'intera cinta cittadina, di cui il Bastione Martinengo costituiva il vertice difensivo.
Accesso dal cortile della piazzaforte della Fortezza a Mare ad una postazione di tiro per la difesa.
Accessi alle postazioni di difesa della Fortezza a Mare, oggi chiusi da piccoli lucernari.
L'assedio di Candia durò addirittura per 21 anni (1648-1669) e costò un numero enorme di vittime agli eserciti mussulmani. La città era stata munita per resistere per un periodo lunghissimo ma non per sempre. La mancanza di aiuti dall'esterno condussero alla resa. Candia non fu quindi presa con un'azione militare diretta, anche se i conquistatori turchi, in spregio dei patti, non si fecero poi scrupolo di sterminare e deportare l'intera popolazione cittadina. Molte delle strutture di difesa vennero definitivamente rase al suolo, mentre altre vennero radicalmente trasformate.
Galleria di accesso al cortile superiore della piazzaforte della Fortezza a Mare (Koule o Koules) di Iraklion.
Ben segnalato sulle carte turistiche di Iraklion, il Bastione Martinengo è oggi meta di passeggiate e incontri tra i giovani.
La vasta superficie dei bastioni è da decenni destinata ad impieghi sportivi ed impianti di atletica.
Sullo spiazzo in cima al "cavaliere" c'è ora un giardino ben curato, al centro del quale si trova la lastra tombale che segna il luogo di sepoltura del grande scrittore cretese Nikos Kazantzakis.
Per questa ragione il bastione è indicato spesso anche come "Bastione Kazantzakis". Tutto sommato non è un male che un luogo di guerra e di sangue divenga poi noto col nome di un uomo di pace e di cultura.
Comunque, se capita di avere tempo e voglia di fare un giro turistico rilassato, fuori dalle mete tradizionali del capoluogo, il Bastione Martinengo offrirà l'occasione per ricordarsi che i bresciani hanno lasciato un segno anche in quella meravigliosa isola.
Veduta della città di Iraklion dal "cavaliere" del Bastione Martinengo, verso la scala di accesso.
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I nodi storici dello sviluppo produttivo bresciano
Temi in corso di sviluppo su queste pagine.
- Metallurgia e produzione industriale primitiva in epoca preromana
- Antiche popolazioni italiche
- I Celti
- I Camuni
- L'impero romano e il territorio come risorsa
- Le invasioni barbariche e la decadenza economica
- Brescia longobarda
- L'età comunale e la vocazione armigera bresciana
- Le signorie e l'artigianato bresciano
- Brescia, città di confine, tra guerre e sopravvivenza produttiva
- La Repubblica Veneta e l'impiego delle ricchezze
- Le miniere e il ferro bresciano
- Legnami e pece per la Serenissima
- Le leggi suntuarie
- Brescia ferrigna, fortezza di frontiera
- Brescia austriaca
- Le lotte risorgimentali
- Le multe, il fisco imperiale e le imprese bresciane
- Le Dieci Giornate di Brescia
- Brescia nell'Italia unita
- Lo sviluppo industriale
- La creatività bresciana e le nuove attività imprenditoriali
- Economia e produzione bresciana tra i condizionamenti del primo conflitto mondiale
- Brescia durante il fascismo e la seconda guerra mondiale
- L'autarchia
- Industriosità e sfruttamento di risorse povere
- Economia di guerra e industria militare
- Bombardamenti
- La Resistenza
- Brescia e la ricostruzione del dopoguerra
- La nuova organizzazione produttiva
- Riconversione industriale bresciana
- Sviluppo della città e immigrazione operaia
- Il lavoro bresciano e le sue tipologie caratteristiche
- Brescia verso nel nuovo millenio
- Le nuove sfide e le tecnologie avanzate
- Produzione e compatibilità ambientale
- L'economia bresciana e la globalizzazione
- Alla difficile ricerca di nuovi equilibri sociali: cultura bresciana e immigrazione
- Formazione e produzione, il potenziamento del know-how bresciano nella scia della tradizione
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Brescia Leonessa d'Italia: le origini storiche di un titolo glorioso.
Brescia è universalmente nota come "LEONESSA D'ITALIA".
Questo appellativo le deriva da una creazione poetica di Giosuè Carducci, che volle per sempre definire il coraggio leonino con cui la città si battè durante l'insurrezione delle Dieci Giornate.
Questa poesia, studiata in tutta l'Italia dagli scolari del XX secolo, è entrata a far parte del patrimonio culturale nazionale.
Oggi le poesie non si studiano forse più con la stessa costanza, per cui i versi conclusivi, ancora ben presenti alla mente delle persone più mature, risultano spesso sconosciuti alla maggior parte degli studenti, perfino di quelli bresciani.
Tuttavia Carducci, a cui va forse il merito di avere reso popolare le gloriosa definizione, non fu il primo ad impiegarla.
Egli riprende infatti un verso di un grande poeta risorgimentale che certamente conosceva ed ammirava: Aleardo Aleardi.
È proprio in un canto di Aleardi che Brescia viene chiamata per la prima volta "Leonessa d'Italia".
Accade, in questo modo, che molti utilizzino comunemente l'appellativo "Leonessa d'Italia" senza conoscerne l'origine e facendo confusione con lo stemma cittadino, che raffigura invece un leone rampante.
Certamente Carducci conosceva bene lo stemma di Brescia, ed è proprio per questo chiamò la città "leonessa".
Rimane il fatto che nello stemma compare un leone (con la sua bella criniera), non una leonessa (che invece ne è priva), come taluni credono.
Ecco qui di seguito i brani poetici alla radice della celebre denominazione.
Prima viene riportata la famosa poesia di Giosuè Carducci.
Seguono i meno noti versi di Aleardo Aleardi.
DELLE ODI BARBARE, LIBRO V.
ALLA VITTORIA. TRA LE ROVINE DEL TEMPIO DI VESPASIANO IN BRESCIA
Giosuè Carducci, 14 - 16 Maggio 1877.
Scuotesti, vergin divina, l'auspice
ala su gli elmi chini de i pèltasti,
poggiati il ginocchio a lo scudo,
aspettanti con l'aste protese?
o pur volasti davanti l'aquile,
davanti i flutti de' marsi militi,
co 'l miro fulgor respingendo
gli annitrenti cavalli de i Parti?
Raccolte or l'ali, sopra la galea
del vinto insisti fiera co 'l poplite,
qual nome di vittorïoso
capitano su 'l clipeo scrivendo?
È d'un arconte, che sovra i despoti
gloriò le sante leggi de' liberi?
d'un consol, che il nome i confini
e il terror de l'impero distese?
Vorrei vederti su l'Alpi, splendida
fra le tempeste, bandir ne i secoli:
" O popoli, Italia qui giunse
vendicando il suo nome e il diritto ".
Ma Lidia in tanto de i fiori ch'èduca
mesti l'ottobre da le macerie
romane t'elegge un pio serto,
e, ponendol soave al tuo piede,
- Che dunque - dice - pensasti, o vergine
cara, là sotto ne la terra umida
tanti anni? sentisti i cavalli
d'Alemagna su 'l greco tuo capo? -
- Sentii - risponde la diva, e folgora -
però ch'io sono la gloria ellenica,
io sono la forza del Lazio
traversante nel bronzo pe' tempi.
Passâr l'etadi simili a i dodici
avvoltoi tristi che vide Romolo,
e sursi " O Italia " annunziando
i sepolti son teco e i tuoi numi! "
Lieta del fato Brescia raccolsemi,
Brescia la forte, Brescia la ferrea,
Brescia leonessa d'Italia
beverata nel sangue nemico.
Giosuè Carducci
14 - 16 Maggio 1877.
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CANTI DI ALEARDO ALEARDI
In:CANTI PATRII, LE TRE FANCIULLE
Sant'Ambrogio, 11 dicembre 1857
Servitum tulimus crudele et barbara jussa G.Fracastoro, in morte di Torriano.
.... Considerando le sorti
"D'un popolo che spera
Veder cessato il disonesto oltraggio
Del deforme servaggio"
(nello stesso canto)
Aleardo Aleardi osserva il calare del sole dietro i monti bresciani...
.....
Poscia di sotto a un padiglion di foco
Tremolando la spera
Calava a poco a poco;
Calar pareva dietro la pendice
D'un de' tuoi monti fertili di spade,
Niobe guerriera de le mie contrade,
Leonessa d'Italia,
Brescia grande e infelice.
.....
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- Scritto da Paolo Pioli
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Non avevo mai capito bene l’andamento delle mura augustee (I Sec. a.C.) e altomedioevali nella zona a nord di Porta Bruciata (la vecchia Porta Milanese fino all’incendio del 1184). O meglio, non immaginavo si potesse tuttora individuarne il percorso osservando la posizione e l’orientamento degli edifici. Grazie a local.live.com sono riuscito a farmene un’idea visiva precisa.
Nell’immagine seguente si può vedere meglio la zona, con anche la posizione delle mura rispetto all’antico alveo del Garza:
Molto probabilmente le mura a sud di Porta Bruciata (a destra nella foto) non proseguivano lungo gli attuali portici di via X Giornate, ma si dirigevano in diagonale verso ovest per andare a comprendere una parte dell’attuale zona di Piazza Vittoria, dove durante le devastazioni distruzioni degli anni ’30 e del 1970 è stato trovato un grande edificio romano-tardoantico, per poi ritornare lungo i portici ed arrivare a Porta Paganora.
Nella ricostruzione non ho messo una torre delle mura romane su cui è stata costruita la canonica della chiesa di San Giorgio (è quella col campanile avvolto dalle impalcature bianche).
Brogiolo, G.P., 1993. Brescia Altomedievale. Urbanistica ed edilizia dal IV al IX Secolo. SAP, Mantova. La versione pdf dell’opera (senza però le indispensabili illustrazioni) è scaricabile dal sito della Società Archeologica Padana.
Per una discussione sul corso d’acqua che seguiva le mura:
Robecchi, F., 1996. Aqua Brixiana. Fiumi, canali, acquedotti e fontane nella storia di una città, pag. 33 e seg. Grafo, Brescia.
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Brescia nel medioevo, i Longobardi
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Brescia nella prima e seconda guerra mondiale e nella Resistenza
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Storia del lavoro bresciano. Immagini e documenti delle aziende che hanno reso famosa Brescia nel mondo. Storia industriale di Brescia.