S. Carlo e Casa di Dio.

Fino dal 1267 i Consoli bresciani decretavano una elemosina per l’ospitale della Casa di Dio (Hospitalis Domus Dei)(1); ed una Casa di Dio della carità, ch’io tengo, l’eguale ospizio, ricordaci un documento giuliano nel 1326 (2).

È del P. L. la chiesa di S. Carlo, nel cui primo altare ha una pittura di Pietro Avogadro. Ma l’occhio spontaneamente corre al quadro vicino per ammirare un diligente lavoro del nostro Sala. Sono parecchi santi con artificio disposti ed aggruppati, ed alla deficienza di una intonazione robusta, di un tocco disinvolto e securo, mirabilmente sopperisce una squisita accuratezza, e un non so che di fuso e di soave che si risente dell’anima candida e gentile dell’autor suo.

ALTARE MAGGIORE. - I SS. Carlo Borromeo, Faustino e Giovita, di Grazio Cossali.

QUINTO ALTARE. - Il Presepio del Bagnadore.

B. V. dei Miracoli.

Al piccolo sacello che nel 1487 (3) il cittadino Consiglio aveva eretto in onore di questa imagine altra fabbrica aggiungeva un anno dopo.

 

(1)Statuta Civ. Brix. Sae. XIII. Cod. Mun. depositato presso la Quir.

(2) Astezati, Indice cronologico dei documenti del monastero di S. Giulia. Cod. Quirin. G. IV. 1.

(3) Zamboni. Fabbriche cit. pag. 131.


Un Mastro Jacopo ne fu l'architetto; ma dal 1521 al 1523 venne il tempio con nuovi modelli di Gerolamo Sampellegrino e Mastro Stefano modificato (1). E non è improbabile fosse quest’ultimo quello Stefano Lamberti che ebbe incombenze pubbliche nel 1535, e del quale fanno menzione il Zamboni ed il Capriolo. Ma quella fabbrica progrediva tuttavia così a rilento da non trovarsi compiuta, come osserva il Zamboni, prima del 1612.

I ristauri della fronte spettano alla metà del secolo passatO e se le indagini del Sala per conoscere l’autore dei bellissimi e marmorei candelabri di quella fronte riuscirono indarno, godiamo nomarlo qui risultandoci da un’opera del Picenardi (2), e fu Gian Gaspare Pedoni.

Nell'interno sono scolture di Antonio della Porta e di Gaspare da Cairano; ma non è facile determinare fra le molteplici di vario stile quali sieno per singolo i loro autori.

PRIMO ALTARE. - S. Nicolò da Bari che alla Vergine presenta quattro fanciulli. È un voto a Maria sciolto da Galeazzo Rovellio, e forse que’ cari bimbi erano suoi discepoli (3). Commovente e soave tela del nostro Moretto,

(1) L’abate Zamboni l. c. sospetterebbe vi avesse parte l’architetto Antonio Beretta.

(2) Guida di Cremona del marchese Giuseppe Picenardi : 1820, pag. 94. Parlando di un camino della sala del Consiglio com. di Cremona  lavorato dal nostro scultore Gian Gaspare Pedoni autore della celebre facciata dei Miracoli in Brescia.

(3) VIRGINI DEIPARE - ET DIVO NICOLAO - GALEATIVS ROVELLIVS AC DISCIPULI D. N MDCXXXIX. Così nella scritta a piè del quadro. Le parole, ac discipuli, farebbero sospettare nel Rovelio un precettore e quel fanciulli si attagliano alla congettura.


improntata di una larghezza e succosità d’impasto, finita con sì franca, sì disinvolta e sì magistrale intelligenza del vero, che è una consolazione a vederla (1)

ALTARE MAGGIORE. - La B.V. d'ignoto pennello. Ai lati l’Assunta del Marone, la Presentazione al tempio del Cossali (del quale abbiamo in questa chiesa una Visitazione), i Magi di Gandini il giovane, la Discesa dello S.S. e l'Annunciata del Bagnadore, la Nascita di Maria del Bona.

QUARTO ALTARE. - S. Giuseppe, di Francesco Giugno. Non dirò degli affreschi, poco meritevoli certamente di speciale ricordo.

SS. Nazaro e Celso.

Un fabbro mantovano per nome Ugo, ed Alda sua consorte, accasatisi in Brescia, donavano fino dal 1101 ai Templari Gerosolimitani, aventi allora un ospizio tra noi non longe ab ecclesiis SS. Nazarii et Celsi, alcune proprietà, le quali, dove que’ frati non avessero adempiti alcuni patti, doveano passare al Collegio dei Fabbri bresciani (2). Lasciata per ora da un canto l'importanza istorica del documento, avvertirò qui soltanto doversi a quell’atto il più antico cenno a me noto del tempio di San Nazaro, perchè non parmi che il senodochium S. Nazari,

(1) Pubbl. dal Sala ne’ Quadri scelti, pag. XXV.

(2) li documento esistente nell’archivio della Fabbriceria Prepositurale mi venne comunicato dal colto e gentil conte mons. Luigi Fè , al quale io debbo per tante ed esatte nozioni patrie la mia riconoscenza.


di cui parla un atto Rambertiano dell’811 (1), al tempio nostro si riferisca. Il porticus domui Ecclesie S. Nazarii d'un contratto del 1222 (2) mi fa congetturare fino da quel secolo una collegiata, a quel modo con cui erano erette in allora quasi tutte le chiese. Il tempio di cui parliamo diceasi de porta S. Agathae, perchè suburbano e presso a quella porta.

Il testamento di Ottonello Martinengo canonico della cattedrale costituivala erede (1300) di pingui rendite, proprio in quel tempo che Berardo Maggi vescovo di Brescia, vi riordinava un collegio canonicale ed un preposto. La mitra, di cui ora v’è insignita quest’ultima dignità, fu ottenuta dal preposto Altobello Averoldo.

Architetto della basilica attuale terminata nel 1780 fu il canonico Zinelli.   

Il busto di Alessandro Fè vescovo di Modone, preposto e benefattore larghissimo di questo tempio campeggia nell' alto della porta maggiore.

Di fronte alle due minori sono due tele del Romanino, e rappresentano i Magi. Su quelle porte istesse, collocati all’interno, sono due lavori a tempera di Foppa il giovane, e raffigurano il martirio dei santi titolari.

TERZO ALTARE. - Gesù Cristo fra le nubi, con angeli portanti i simboli di sua passione: più basso ai lati Mosè

(1) Dotazione del Monastero di S. Faustino, fatta da Ramperto vescovo, di Brescia. Gradonicus, Brix. Sac. cit. pag. 116.

(2) Sub porticu domui eccl. S. Nazari de Porta S. Agatae civit. Brix. Misceli. Perg. Quirin. F. VI, 3.


e Davidde; lavoro bensì diligente e di gran pregio del nostro Moretto, ma che a stento si terrebbe uscito dalla stessa mano del S. Michele Arcangelo nell’altare dirimpetto. Come risulta dagli atti parrocchiali, il Redentore suddetto venne compiuto dal Buonvicino nel 1541.

IN SACRISTIA. - L'Annunciata in due tele, di Foppa il giovane; altra con presepio, ed una Vergine a tempera del Moretto. - S. Barbara e Pierantonio Ducco, primicerio di S. Nazaro ed ordinatore del quadro, uno de’ pochi e sempre magistrali dipinti ad olio di Lattanzio Gambara. - La Visitazione, del cremonese G. B. Mainardi.

ALTARE MAGGIORE. - Cinque tavole di Tiziano Vecellio, da lui colorite nel vigore dell’intelletto e della mano (1522), sono qui bellamente disposte, e formano un sol complesso. Spicca nel mezzo la Risurrezione. Svegliatosi come un forte inebriato, infranto il coperchio dell'inutile monumento, assurge il Redentore, e in man recandosi, prezzo del perdono, il vessillo della vittoria, già tocca le nubi. Quanta leggerezza in quel salirsene al cielo! La letizia inenarrabile del volto, l’atto imperioso e trionfale della persona, un non so che di vasto nelle linee del petto, tutto ti  avverte che Egli esulta e respira l’anelito potente della seconda vita. Parlarvi del colorito, della intelligenza portentosa d’ogni sua parte sarebbe soverchio. Chi non ravvisa il divino pennello che Carlo V raccolse di terra come cosa sacra, per renderlo al vecchio cui era, caduto? Che se una menda vorremmo pure notata, sarebbe la poca relazione del busto a tre quarti, col resto


della persona quasi di fronte. Ma Dio buono! mi si dica un po’ come collocare una gamba del S. Pietro nella Trasfigurazione di Rafaello se non sotterra? Sono errori; ma commessi da uomini grandi, non iscemano per nulla il rispetto che noi dobbiamo a queste glorie italiane.

S. Sebastiano è dall’un lato. Se la posa è una lontana reminiscenza del Fauno Mediceo, che suona lo scabillo, non può negarsi però che l’illustre Vecellio ne traesse un partito maraviglioso a porci innanzi la pietosa imagine di un uomo, che sente lo spasimo delle suo ferite , nè può slegarsi dalle ritorte ond’è trattenuto. Che direm noi di que’ Sebastiani (e ve n’ha di scuole riputatissime), che laceri e sanguinosi, pur mollemente si atteggiano alla guisa dell'Antinoo e dell'Apollo Capitolino?

Qui tutto è vita, è fremito di dolore. Que’ muscoli delle braccia un po’ risentiti per la distretta della legatura, quei piedi che stringono colle dita il suolo quelle coscie che diresti agitate da un fremito convulso, que' serrati del torace un po’ rigonfi, ma sempre, nei limiti sublimi del Laocoonte, palesano le angosce di un martire. E pochi per avventura avran notato quel nascondere fra l'ombre la reclinata testa, perchè l’espressione dello spasimo si raccogliesse, per così dire, ne’ muscoli di un nudo che debbe tenersi fra i più sublimi del secolo XVI.

Dall’altra parte i SS. Nazaro e Celso additano ad Altobello Averoldo, preposto della basilica e commettente del quadro, il risorto Gesù. Sull' alto in due scompartimenti, è un’Annunciata; e ben laudava il mio predeces-


sore l'angelica beltà di quella Vergine, soffusa di un candore, di un’espressione ignota all’arte antica, dalla quale si differenzia come l’Ida ed il Carmelo. Nulla dirò dell’Angelo Gabriele, di quella ricca e svolazzante capellatura, degli scorci mirabili di quelle braccia tese a dispiegare il gran decreto della nostra redenzione, e di quel volto non rischiarato che dai riflessi della bianca e ricca veste del divin messaggero (1).

SESTO ALTARE. - Il presepio coi SS. Nazaro e Celso, del Moretto.

SETTIMO ALTARE. - All'antica tela venne non ha molti anni sostituita un’Assunta di Gabriel Rottini, cui toccò la formidabile vicinanza dell’incoronazione di Maria coll’Angelo Michele ed altri santi dell'insigne Moretto, opera per certo delle più rare che producesse quel grande, cui nessuno de’ nostri ha potuto avvicinarsi pur alla lunge. Veggasi la inenarrabile bellezza di quell'Arcangelo, il fervore del santo che gli sta rimpetto; si contempli quella incoronazione soavissima, e mi si dica se a ragione ora si cominci (ed ahi quanto tardi!) a conoscere Alessandro Bonvicini.

S. Francesco.

Chiesa e cenobio eretto per voto della città di Brescia intorno al 1254 (2) e ceduto in quell’anno ai Francescani.

(1) Queste tele furono incise dal Sala ne’ quadri scelti, pag. 11 e seg.

(2) Doneda, Notizie delle chiese di Brescia. - S. Francesco. - Le cronache del Malvezzi (Rer. Ital. Script. t. XIV) farebbero compiuto il tempio nel 1265.


Nel 1470 l'architetto Antonio Zurlengo rinnovava il coro, parte del convento e la sacristia. Verso la metà del secolo XVI furono aggiunte alcune cappelle ed altari non rimanendo intatte delle sue forme primitive che la fronte e il campanile e il portico del chiostro a sera della chiesa.

SECONDO ALTARE. - L'Arcangelo Michele del Gandini. Una Deposizione, antico affresco, avanzo di quelli che in origine adornavano la chiesa: è d’ignoto pennello, ma forse prezioso monumento dell’arti bresciane del sec. XIII.

TERZO ALTARE. - S. Margherita di Cortona, S. Gerolamo e S. Francesco; Moretto (1530).

QUINTO ALTARE. - Antica imagine di S. Francesco d'Assisi.

SESTO ALTARE. - S. Pietro pericolante nella nave, Antonio Gandini.

ALTARE MAGGIORE. - La tavola ad olio è fra i più robusti e tizianeschi dipinti di Gerolamo Romanino e degna cornice al dipinto è la soasa intagliata dal bresciano Stefano Lamberti. Ai lati del presbitero la strage degl'Innocenti e il martirio di S. Margherita sono del Bagnadore. Nella mensa dell'altare ammirasi un bassorilievo figurato, lavoro in marmo della fine del secolo XV.

OTTAVO ALTARE. - I due quadri laterali sono dipinti dal Maffei e dal Lucchese; coloriva il primo l’apparizione di S. Antonio di Padova ad un giudice ; il secondo una famiglia che ringrazia quel santo pel ritorno di un figlio campato dai masnadieri.

Sulla vicina porta la Beata Vergine e S. Felice di Valois, Francesco Paglia.


NONO ALTARE. - La Maddalena del Barbello, e il Purgatorio del Lucchese.

UINDECIMO ALTARE, - La Immacolata Concezione con altri santi, del Cossali.

Le spalliere degli stalli hanno istorie della passione di Cristo, eseguite a tarsia da Battista Virch nel 1553.

TREDICESIMO ALTARE. - Crocifisso. - Tavola antica.

QUATTORDICESIMO ALTARE. - Lo Sposalizio di M. V. dipinto nel 1547 da Francesco da Prato di Caravaggio, di cui sono rarissimi o mal conosciuti i lavori. Sono degni di particolare osservazione gli stalli del coro e gli armadi della sagristia egregie opere di tarsia e di intaglio dovute alla munificenza del bresciano frate Sanson, generale dei minoriti, ed è pure suo dono la preziosa croce d’argento lavorata da un grande nostro artista, Giovanni dalle Croci nel 1501.

SS. Cosmo e Damiano.
(Orfanotrofio femminile)

Il padre Lupo nel suo codice diplom. bergamasco reca un atto dell’865 (1), nel quale una Liutperga è detta badessa del monastero di Onorio, intitolato alla B. V. ed ai SS. Cosmo e Damiano in Brescia; un altro documento ci parla di un’Ardesasa badessa di quel sacro asilo nel-

 

(1) Diplom. Ludov. Imp. quo confirmat Brixiano Monasterio Honorii nuncupato, constructo in honorem B. V. et SS. MM. Cosmae et Damiani donationem cujusdam curtis facta a Notingo q. Brix. Episcopo. Lupo. Cod. Dipl. Berg. t. I.


l’882 (1). Eccovi le nozioni più antiche ch’io mi conosca intorno a quel monastero, il quale doveva essere nell’antica località dalla Posta vecchia alla chiesa di S. Agostino, dacchè in una carta del 1264 si dice in Quadra Curiae Ducis (2). Ne parlano altri documenti del XII e XIII secolo. Dicesi che Berardo Maggi allo spirare di quel secolo, traslocasse il titolo ed il monastero dove attualmente si ritrova, distruggendo l’antico, già fatto angusto per la costruzione del Broletto, ed un documento del 1298, ricorda la vendita al Comune di Brescia dell’area del sacro asilo, già demolito onde allargare la piazza (3).

Nel secolo passato fu in parte ricostrutto qual si vede a’ nostri dì.

ALTARE MAGGIORE. - Un martirio dei santi titolari, dipinto dal Cignaroli.

SECONDO E TERZO ALTARE. - Luca Mombelli dipinse il Presepio, ed i SS. Placido Mauro e Benedetto.

S. Agnese.
Chiesetta e Conservatorio femminile.

ALTARE MAGGIORE. - S. Agnese, di Pietro Marone.

(1) Autografo pergam. Quirin. nel Cod. Dipl. della patria Biblioteca sec. IX a. 882 pubbl. dall’Astezati in Comment. Manelmi. Vicent. de Obsid. Brix. infine.

(2) Luchi. Cod. Dipl. bresciano. Autografo presso il cav. Labus, p. 199.

(3) Liber Poteris Brix. Autog. cit. presso la Quirin.


Cavallerizza Comunale.

Costrutta per decreto comunale nel 1846 con venustà di concetto nella soppressa ed antica chiesa di S. Antonio.

La Pace.

È il più bel tempio che nel secolo passato si fabbricasse nella nostra città. I PP. Dell’Oratorio di S. Filippo Neri, ora detti della Pace, lo incominciarono nel 1718; lo terminavano nel 1746 sui disegni di Giorgio Massari, con figure del Monti, e con ornati di Giovanni Zanardi.

SECONDO ALTARE. - S. Filippo Neri, di Jacopo Zoboli.

TERZO ALTARE. - S. Francesco di Sales, Antonio Balestra.

ALTARE MAGGIORE. - La Presentazione al tempio, una delle migliori tele del romano Pompeo Battoni.

SESTO ALTARE. - S. Giovanni Nepomuceno, vigoroso dipinto pur del Battoni.

Nel convento dei PP. della Pace sono altri quadri, e fra questi la tavola della chiesa vecchia, esprimente la Presentazione al tempio, opera del Marone. L'oratorio contiguo ha un S. Filippo Neri di Pietro Deorazio.

Nelle nicchie dell’interno si vanno collocando alcune statue, lavoro del giovane scultore bresciano Zani.

La Pallata.

È una larga e massiccia torre, che io credo eretta intorno alla metà del secolo XIII; e se vuolsi allusivo all’anno della sua erezione il 1253, scolpito in quella torre,


n'avremmo la data (1). Erano tempi ne’ quali avea già impreso la città nostra ad allargare la cerchia delle nostre mura. È probabile che la si fabbricasse a proteggere la porta di S. Giovanni, che qui s’apriva in quel secolo. Falso è per altro che le fosse a cavaliere; però che della porta sarebbe nelle vaste sostruzioni alcuna traccia. Vuolsene provenuto il nome per uno stecconato preesistente, e della contrata Pallatae è ricordo in un atto del 1259 (2). La grande fontana di quella torre è modello del Bagnadore, eseguito dagli scultori Valentino Bonesino da Verona ed Antonio Carra.

Nella notte del 17 marzo 1426, da una mano di congiurati che volevano togliere la città di Brescia a Filippo Maria Visconti per darla alla repubblica di Venezia, fu piantato sull'alto di questa torre il primo stendardo Veneziano che tra noi sventolasse; onde la mattina in lo far ,del zorno se trovò sulla torre della Pallata, et li cittadini armati come S. Zorzi non aspettarono essere assaltati, ma assaltarono (3).

S. Agata.

La contrada suburbii S. Agatae subtus a fossato, ch’io leggo in un atto del 1174 (4), mi fa credere anche allora vicinissima quella chiesa alle patrie mura. Che ad ogni

(1) Zamboni, Fabbr. cit. pag. 92 nota 23.

(2) Miscell. Pergam. Quirin. f. VI, 3.

(3) Cronista anonimo, Cod. Quirin. c. 1, 3.

(4) Miscell. Pergam. Quirin. c. 1, 3.


modo fosse in quel secolo nell’ambito loro, parrebbe dall’incendio che del 1184 e la chiesa e le contrade dell’Arco e di Campobasso e quelle della Corte ducale miserabilmente avvolgeva (1).

Del 1175 è un Arioaldo giudice di S. Agata (2); ed il famoso Albertano causidicus de hora S. Agatae, e capitano di Gavardo (1238), gittato nelle carceri cremonesi dall’imperatore Federico II, a rendere men gravi le lente ore della prigionia, scriveva il celebre suo trattato De doctrina tacendi et loquendi. Un suo figlio Manuele chierico trovo in un atto del 1275 (3).

Parrebbe che, distrutta la chiesa dall’incendio soprascritto, si erigesse la presente, in cui, meno alcune aggiunte e ristauri, serbansi le antiche forme. Non si badi al prospetto rinnovato nel sec. XVII: ma l’ampia navata colle sue colonne a fasci ed archi a sesto acuto è ancor quella di sei secoli fa. Nell'Archivio Prepositurale si conservano le poche pergamene rimaste che parlino dell’antica basilica di S. Andrea, titolo aggiunto posteriormente alla chiesa parrocchiale di S. Agata.

SECONDO ALTARE. - Il morto Redentore, di Antonio Balestra.

(1) MCLXXXIV combusta est contrata Arcus et S. Agathae ed Curte Ducis. Cronichetta di S. Salvatore di Bologna, tenuta contemp. dal Trombelli, e pubbl. nella II.a edizione delle Notizie della Zecca di Brescia. Bologna 1786.

(2) Luchi, Cod. Dipl. Bresc. autog. cit.

(3) Astezati, in comment. Manelmi, pag. 53.


ALTARE MAGGIORE. - Il martirio di S. Agata, con altri santi; pittura attribuita a Calisto da Lodi, secondo il Sala, ma che risulta del Prato da Caravaggio, come da una nota dei registri parrochiali (1)

QUARTO ALTARE. - Martirio di S. Lucia, dipinto da Gerolamo Rossi.

QUINTO ALTARE. - I pastori al presepio, e l'adorazione dei Maggi; due belle tavole del Foppa il giovane.

Palazzo Pretoriale.

Una sala di questo palazzo di Giustizia è coperta tutta quanta di pitture mitologiche del Gambara, con divinità largamente tratteggiate a dimensioni maggiori del vero.

Nel vicin corso dei mercanti il medesimo pittore lavorò sulla fronte d’una casa alcuni vigorosi affreschi. Così pure di fianco alla Loggia il prospetto d’altra casa è coperto d’altri allegorici dipinti del medesimo pennello.

S. Ambrogio.

Nel secolo XIII dicevasi Carte DuciS (2) perchè vicino, agli avanzi della Corte Ducale.

ALTARE MAGGIORE. - I SS. Ambrogio e Carlo, di Angelo Paglia.

È pure in questa chiesa un Ecce-Homo, copia del Moretto.

 

(1) Docum. presso il rev. prevosto di quella chiesa.

(2) An. 1264. Ecel. S. Ambrosii contr. Curte Ducis. Luchi, Cod. Dipl. cit.


S. Zenone.

Fu anticamente parrocchia (1), poi priorato dei canonici di S. Giovanni, loro concesso da Giovanni vescovo il 17 marzo 1175, presente l'apostolico legato cardinale Flochino (2). In quell’atto, come in altri consecutivi, è chiamata la chiesa di S. Zeno dell’Arco dagli avanzi probabilmente di un vicino arco romano, che diede il nome all'attuale piazzetta d’Arco Vecchio.

Che un arco romano qui si levasse, già tempo, apparirebbe dalla tradizione medesima (3). Un contratto dell’889 ricorda il locus Arco di questa nostra città (4): Ardericus, habitator foris civ. Brix. locus Arco è in un atto del 1041 (5), e del 1069 è un Orlinda di Magifredo....prope templum Archi, probabilmente il medesimo S. Zenone de Arcu, che doveva pur esser fuori delle mura.

UNICO ALTARE. - La natività di S. Giovanni Battista, del Palma.

La Loggia, o Palazzo Municipale.

Alla costruzione di questa marmorea fabbrica, cui diede Palladio l'appellativo di eccellentissima, concorsero,

(1)Doneda, Notizie cit.

(2) Investivit Praepositum S. Joan. de Foris.... de Capella S. Zenonis de Arcu. Dalle Mem. Ant. della Parrocchia di S. Giovanni, raccolte dall’ab. Zucchini, e dall’atto in esse trascritto, comunicatomi cortesemente dal sac. Fenaroli.

(3) Labus, Marmi ant. Bresciani classificati ed illustrati. Classe II. Epigrafi storiche pag. 154.

(4) Cod. Diplom. Quirin. sec. IX autog. pergam.

(5) Luchi, Cod. Diplom. Brix. autog. cit. pag. 43.


ben diceva il Sala, i primi padri dell’architettura del risorgimento.

Fino dal 1467 il consiglio cittadino deliberava di alzare una splendida sala, nel sito della loggia, per tenervi i suoi radunamenti, e collocarvi ad un tempo gli uffici municipali(1). Vuolsi che la prima pietra venisse posta dieci anni dopo (2); ma questa non era che di una volta fondamentale gettata sul Garza, sulla quale doveva sorgere l’edificio, la cui prima pietra fu posta solennemente il 5 di marzo del 1492 (3). La costruzione fu continuata da poi secondo i modelli di Tommaso Formentone. Forse il Formentone piuttosto che autore del progetto fu esecutore, del modello da altro ideato fino alla ringhiera del primo piano, ed all’arco del cavalcavia compito nel 1508. Al secondo piano si pose mano verso la metà del secolo. È probabile disegno del Sansovino meno le grandi finestre architettate da Palladio. La gran sala poi, che occupava tutta l’area del palazzo più decorata che sorretta da colonne, ricca di fregi, di statue, di trabeazioni, era tutta di marmo, colle impalcature dipinte dai migliori pennelli, ,con ispartimenti architettonici e fantasie mirabilissime, e tutto ciò come a cornice di tre grandi tele condotte da Tiziano Vecellio. Il tetto coperto di piombo, con sopravi

(1) Zamboni, Fabbriche di Brescia, pag. 40, c. V. La Loggia.

(2) Op. cit. pag. 42.

(3) 1492, 5 marzo. Memoria come a dì suddetto fò la vigilia di carnovale, fò messa la prima preda ecc. Mem. di Lucillo Ducco cit. dal Zamboni nelle ricordate Fabbriche, c. V.


statue ed obelischi bellamente disposti, terminava quella mole in cui erano rappresentate tutte l’arti lombarde del secolo XVI.

E veramente io perdono alla musa del Vidalini, se colta da subito sbalordimento, sclamava nel mezzo di Piazza Vecchia:

Nubi qual meraviglia!

Oltre le nubi il suo gran capo estolle,

E van le statue a ragionar col sole! (1)

Ha un po’ dell’iperbolico. Ma che volete? due secoli fa, quando una fabbrica si alzava un po’ più dell’altre, non v’era via di mezzo, bisognava pigliarsela col cielo, come, a proposito del Duomo, il nostro poeta ne fa discendere i fondamenti all’inferno.

Va la superba mole

Cogli archi al ciel, coi fondamenti a Dite.

Io l’ammiro per certo. E voi che dite? (2)

Ma la Loggia, quel prezioso aggregato di sì cari oggetti, in poco d’ora fu avvolto da voracissimo incendio (1575), nè più rimase di quell'ampia sala orgoglio della nostra città, lavoro di quasi un secolo, che lo scheletro affumicato delle sue muraglie.

Nel secolo XVII fa tentata coi disegni del Vanvitelli una ricostruzione; ma i tempi di Palladio non erano più; a quegli arsi, ma venerandi avanzi non era ormai chi potesse por mano senza profanazione; e profanazione fu il po’ che se n’è fatto.

(1)Giardino della pittura. GiornataI, pag. 5.

(2) Op. cit., pag. 26.


Per venire a qualche dettaglio, i busti imperiali sono di Gaspare da Milano, e di Antonio della Porta.

Io non terrei col Zamboni (1), col Sala (2), cogli altri tutti che alcuni candelabri nella fronte del maestoso edificio sieno romani. Oltre, al non esistere memoria alcuna di ciò, il loro carattere ornamentale, che tutto s’impronta dell’eletto stile del secolo XVI, ne gli avverte, a non dubitarne, di quella età, ed impiegati e suppliti per la nuova edificazione.

Antonio Colla s’adoperò in quei supplementi, e fu l’autore del fregio.

Dal lato settentrionale sono candelabri di Jacopo Fostinello (il 1.° da sera a mattina), di Martino della Pesa, di Antonio Casella, di Giovanni da Lugano (2.° e 3.°), e del Colla (4.° e 5.°).

I SS. Faustino e Giovita e la Giustizia, statue locate verso la piazza, sono scolpite da Battista Bonometti, e Federico da Bagno.

Gli acquari a mezzo giorno si, vogliono di Lodovico Ranzi (1.° e 3.°), di Francesco Bonaiuti (2.°), e del Bonometti (4.°). Quelli a settentrione di Paolo Geri, e le statua sull’arco della via, di Jacopo Medici. In questi ultimi anni, con non lieve dispendio, fu diligentemente ristaurato l’esterno dell'edificio sotto la direzione dell’architetto cav. Conti.

(1) Ne le citate Fabbriche, cap. VI, pag. 62.

(2) Guida di Brescia, pag. 99.


Monte di Pietà, e Monte Grande.

Ambo eretti per decreto cittadino, il primo nel 1485 come parrebbe al dotto autore delle Fabbriche di Brescia (1), l’altro nel 1597. Ed ottimamente quel valentuomo del Bagnadore imitava nel secondo le forme architettoniche del primo ad unità di concetto, e ad euritmia decorativa della piazza; onde questa fra i due Monti, i Portici e la Loggia si trovasse quasi recinta di fabbriche sontuose ad un tempo e armonizzate fra di loro. All’intento principalissimo di schierare in quella piazza, come in pubblico Museo, le nostre lapidi, fu eretta la fronte del primo edificio; il perchè ottimamente soggiungeva l’ab. Zamboni, che quella fabbrica poteva essere considerata come il più antico Museo pubblico d’Italia.(2)

Archivio Notarile.

Collocato nell’aule a tramontana della Loggia, venne provvidamente riordinato non è guari.

Vedi tu sulla porta di quell’archivio un’antica epigrafe? La è del 1177: tolta già tempo dalla porta della basilica di S. Pietro de Dom, fu messa in luce dal Gambara (3) e dal Rossi (4).

È una sentenza pronunciata dai Consoli di Brescia cum campana populi laudante, colla quale si condannarono

(1) Zamboni, nelle Fabbriche cit. pag. 31.

(2) Op. cit. pag. 31.

(3) Gesta dei Bresciani illustri, pag. 209, nota 34 al canto III.

(4) Memorie Bresciane edite dal Vinaccesi. Brescia 1693, pag. 66.


alla pubblica infamia i nomi di Guiscardo e Gerardino per violato giuramento. Ond’io lieto e superbo t’addito quel marmo, testimonianza a’ posteri ch'anco nei tempi che noi spregiatamente diciamo rudi ed incomposti, la lealtà e la fede fu sempre negli animi bresciani una religione.

S. Giuseppe.

Monastero e chiesa già dei padri Minori Osservanti di S. Francesco, lor fabbricata nel 1521 dalla città. Nè con ciò voglio dire che i Minori Osservanti allora soltanto ci venissero. Fino dal 1254 la città nostra lor vendeva nel Borgo di S. Nazaro alcuni fondi al luogo suburbano delle Rose (1), ove si edificavano un convento. Qui non si parla che dell’origine del chiostro attuale.

Anche, un tempio di S. Barnaba esisteva in Brescia, per mo’ d’esempio, fino dal 1253 (2), ma non potendone stabilire il luogo, non abbiamo data che la fondazione di quel monastero in sul cadere del secolo stesso.

PRIMO ALTARE. - S. Lucio, di Francesco Paglia.

NONO ALTARE. - I SS. Crispino e Crispiniano, bella tela di Pietro Avogadro, artista bresciano che meritò gli elogi del Lanzi.

DECIMO ALTARE. - I. SS. Antonio di Padova e l'Eremita, di Palma il giovane.

(1) Lib. Poteris Brix. - De emptione loci fratrum minorum facta per com. Brix. a. MCCLIIII, pag. 332, cod. cit.

(2) Statuta civit. Brix. a. 1200 apud Biblioth. Quirin.


Sull’arco della cappella un Salvatore colla croce, che alcuni dissero di Stefano Rizzi bresciano, maestro del Romanino, mentre il Cavalcaselle ed il Crowe lo ritengono affresco assai pregevole del Romanino stesso.

All’ingresso della sacristia i quattro SS. Coronati dell’Avogadro.

DECIMOQUARTO ALTARE. - La Trinità coi SS. Stefano e Lorenzo, di Antonio Gandini.

DECIMOSETTIMO ALTARE. - I SS. Giuseppe e Sebastiano, di Luca Mombelli, uno dei migliori dipinti di questo allievo del Moretto.

Negli angoli del secondo chiostro vi sono quattro affreschi, che il Sala giudicherebbe fra le prime opere del nostro Moretto e più probabilmente ponno ritenersi del Foppa il giovane.

S. Giorgio.

Pare che intorno al 1218 (1) vi erigessero ì Francescani un loro convento: i quali poi circa il 1254 (2), lasciato S. Giorgio, avevano dai consoli bresciani ottenuto un luogo a Campo basso, onde erigersi altro cenobio ed altra chiesa: la chiesa ed il convento di S. Francesco.

Una provvisione cittadina del 1429 decretava i ristauri di questa chiesa, dejecta tempore belli, che fu parrocchiale

(1) Per quanto risulta da una memoria comunicatami dal rev. vicario di questa chiesa.

(2) Statuti Municip. ricord. e la mem. sud.


antica, e ne mantenne il titolo e gli uffici sino al cominciar del secolo in cui viviamo. Le tre absidi a tergo di questa basilica serbano ancora intatte le forme architettoniche del secolo XIII.

Non vi ha quadro meritevole di ricordo, so non forse il Presepio di Giovita Brescianino scolaro di Lattanzio Gambara, l'unico dipinto a noi noto di quell’artista nostro, che serbò nello stile i precetti del maestro.

Notevoli le due lesene del secondo altare a sinistra della chiesa per invenzione graziosa, per magistero, e finitezza dì esecuzione. Lo stemma scolpito sulle dette lesene è della famiglia Caprioli, della quale erano due sepolcri già posti nell’interno della cappella ai fianchi dell’altare.

Avanzi della Curia Ducale e del Ninfeo.

Non è molti anni che sul lato orientale della piazzetta, di S. Giuseppe si vedeva una salda muraglia resti evidentissimi di vetusto e grave edificio. Nè qui vorrò certamente ridire le testimonianze per le quali argomentavali della Curia Ducale, o dirò meglio d’una porta Palatina convertita agli usi della Curia (1). Aggiungerò soltanto, che scavandosi qui nel 1852 un acquedotto, risultò patente la verità di quanto scriveva intorno al poggiare dell’edificio sulle antiche mura.

(1) Brescia Romana cit. - Porta Milanese.


A pochi passi dalla piazzetta di S. Giuseppe è la casa Venturi, nel cui cortile fu scoperto un amplissimo ed intatto pavimento a mosaico colle epigrafi tessulari

BENE * LAVA   SALVV * LOTV

Scrissi altrove, e, so non paia soverchio il dirlo, bastevolmente ho provato spettare quel pavimento al bresciano Ninfeo, del quale fino all’XI secolo rimase memoria nei documenti del medio evo (1): e del cui novero un solo vestigio a contrapporci non vale la stessa Roma (2).

S. Faustino Maggiore.

Antichissimo tempio, il cui titolo primitivo era forse di S. Maria in Silva (3), ed al quale nel secolo VIII (4) dalla chiesa di S. Faustino ad sanguinem (ora S. Afra) sulla via Cremonese si recarono le ceneri dei SS. Faustino e Giovita, per cui fu d’uopo escissero i sacerdoti da porta Milanese, adesso porta Bruciata; alla quale per quella traslazione probabilmente si aggiunsero i nomi dei nostri martiri: e con essi è distinta in un atto del 767 (5). A

(1) Casimberto habitator de prope fistula Limphevs. Contr. autogr. del1’889. Cod. Quir. t. III, sec. IX. - Coheret.... a fistula que dicitur Ampheo. Atto del 1037 pubb. dal Gradenigo, Brixia Sac. - Udaricus Eps.

(2) De Nymphae s v teribus nullum ad nostra patruumque nostrorum

tempora Duravit. G. Fabricii, De urbis Romae. (in Grav. t, III pag. 158).

(3) Brunati, Leggendario cit. pag. 18, e nota 10 a pag. 25.

(4) Malvetii, Chron. in R.I.S. t. XIV. col. 885. - Brunati, luogo cit. Biemmi, Istoria di Brescia, t. I. pag. 265.

(5) Cod. Dipl. Quirin. sec. VIII, an. 767. Ante portam beatissimor. martyrum Faustini ed Jovitae. Il documento fu pubblicato dal Margarino nel Bull. Casin. t. II. pag. 11. L’ab. Brunati, a ricordare che del 761 coll’egual nome si domandasse, cita un atto di quell’anno edito dal Muratori. (Ant. It. M. AE. t. II. col. 759), ma in quell’atto la porta non è detta altrimenti che Porta Milanese.


quella chiesa era unito un monastero, il cui primo ricordo, non sarebbe che dell’815 (1), dal quale, o piuttosto dalla chiesa che abbiam nomata, Petronace da Brescia nel 780, sembra levasse la celebre reliquia di Monte Cassino (2).

Ramperto vescovo di Brescia nell’841 edificava qui presso un altro monastero e un’altra chiesa, l’uno e l’altra largamente dotando; e datala poscia a’ monaci Benedettini, trasportò dall’antico nel nuovo tempio le sacre spoglie dei soprascritti nostri martiri. Più di tre secoli dopo Manfredi vescovo di Brescia riconsacrava l’instaurata basilica (1152)(3). Del monastero sappiamo abate nel 1108 un Guidoaldo (4), e pare che nel 1189 non si comprendesse per anco nell’ambito delle mura (5).

Ma nè dell’una, nè dell’altro è più traccia. L'attuale basilica fu rinnovata poco dopo il 1600 con progetto di Santo Calegari, e fu coperta di affreschi architettonici del celebre Sandrino. Quelli però del presbitero e del coro vennero condotti dal Tiepolo e dal Colonna.

(1) A. 815, Ex monasterio S. Faustini Brixiae, Georgius, Aistulphus etc. Mabillon. anal. pag. 426, 427.

(2) Leo Ostiensis, Chron. Mon. Casin. in Rer. Ital. Script. t. IV, pag. 258. Card. Mai, Script. vet. Vat. collect. t. V. pag. 51.

(3) Gradonicus. Brix. Sac. pag. 112, 123. - Mabillon, Ann. Ben. t. II, pag. 618.

(4) Gradonicus. Brix. Sac. p. 210.

(5) Breve Record. de Ardicio de Aimonib. Cron. cit.


PRIMO ALTARE. - Angeli modellati da Gaetano Monti di Ravenna.

SECONDO ALTARE. - Il Presepio. Aureo quadro di Lattanzio Gambara, in cui quel largo pennello, che a tocchi risentiti e con una cotal sprezzatura veramente magistrale coperse di grandi affreschi il Corso del Teatro, cangiato stile, mostrossi ne’ dipinti ad olio d’una diligenza, di una fusione ad un tempo e nerbo di colorito sì castigato e intelligente nelle forme e nel chiaroscuro, che ben si conosce come in ambe le maniere sapesse rivaleggiare coi primi dell’età sua. Doppiamente preziosa è questa tela, e per le scarsissime che il Gambara lasciava, e per essere tra le sue più in grido.

TERZO ALTARE. - S. Onorio del Gandini il giovane.

ALTARE MAGGIORE. - L'urna dei SS. Martiri proteggitori di Brescia, nonchè le statue ivi sedute e l’altre a’ fianchi dell’altare sono di Antonio Carra.

SESTO ALTARE. - Una bella Deposizione di Santo Cattaneo.

Sul confessionale a lato dell’altare di S. Croce la Risurrezione del Romanino.

È prossimo alla sagristia un affresco del Gambara. Merita pure d’esser osservato il vicin chiostro, e l'oratorio dalle fondamenta costrutto non ha molt’anni sugli avanzi della chiesetta di S. Giacomo.

Questi sono i tesori monumentali della basilica Faustiniana. Ma tesoro ben altro a lei concedeva, il Signore nel suo prevosto. Nipote di Gabrio Maria Nava, sarei per


dire che, a renderci men dolorosa la dipartita del vescovo incomparabile, qui lasciasse trasfuse nel superstite congiunto le sue care virtù.

S. Chiara, ora Collegio Municipale Peroni.

Già chiesa e monastero di monache Francescane, erettovi sino dal secolo XIII. È nominato negli statuti municipali di quel secolo, stantechè nel 1279 dimandavano le claustrali un po’ di elemosina al Comune, e il vicario di Carlo d’Angiò ne sosteneva l’istanza (1). È attualmente oratorio unito al collegio maschile Peroni.

Unico altare. La B. V. e S. Filippo Neri dipinto dal bresciano G. Damiani.

Porta Pile.

Così detta fino dal secolo XIII per le pile di un ponte che attraversava il Garza. Non è a confondersi con altra porta dell’ugual nome (le pile dei Torzani), ch’era già da quel secolo non lunge dalla Maddalena, antico tempio non ha guarì distrutto  e già tenuto dagli Umiliati di Gambara vicino a S. Lorenzo (2). Ma in quel secolo le Pile di cui parliamo erano non saprei meglio se porta civica o tettoia (3). Sendo allato dì Cittadella, fu  rimarginata poco dopo, e convertita in ridotto militare con forti appendici

(1) Statuta Civ. Brix. sec. XIII. Presso la Quirin.

(2) Doneda, Vita di S. Costanzo.

(3) Astezati, in comment. Manelmi  pag. 53.


che la collegavano all’antica porta di Pedriolo, in fondo allo spazzo di S. Chiara, detta ancora Porta Gallia.

Porta Pile venne poi ricostrutta nel 1818 sopra disegno di Rodolfo Vantini, ma anche questa porta fu di recente demolita perché troppo angusta.

Bagno Comunale.

Con provvida cura il Municipio adattava testè ad uso di bagno pubblico la attigua fossa con doccie d’ogni maniera ed ampie vasche per esercizio di nuoto.

S. Faustino in Riposo.

Chiesetta vetusti ima ristaurata da non molto tempo. Che un sacello qui fosse già fino dell'VIII secolo parrebbe dedursi dall’essere la contigua porta Bruciata chiamata nei documenti di quel secolo dei SS. Faustino e Giovita (1). L'attuale rotonda però ha tutti i caratteri di un edificio, dell'undecimo o duodecimo secolo; e nell’elenco delle chiese, attribuito al 1150, è detto dei SS. Faustino e Giovita ad pot (2), che vale ad portam, se non forse ad pontem.

Direbbesi riedificazione di un oratorio più antico, secondo il Malvezzi eretto in memoria della sosta che a porta Milanese facevano i sacerdoti nella traslazione di que’ santi donde il titolo di S. Faustino in Riposo.

 

(1) Diploma del 767 pubblicato dal Margarini nel Bullarium  Casinense t. II, parte II.

(2) Stampato, come dicemmo, nelle Osserv. del Doneda alla Storia Bresc. del Biemmi.


All'esterno del santuario è una tela del Bagnadore, copia di un dipinto del Moretto, rappresentante la traslazione, dei SS. Martiri.

Porta Bruciata.

Alla contigua porta venne il titolo di Bruciata per vasto incendio da cui nel 1184 fu avvolta e consunta; quel medesimo ch’erasi allargato a S. Agata, all’Arco, alla Curia Ducale (1). Sua prima denominazione, probabilmente romana, è quella di Porta Milanese, perchè facente capo alla via Emilia; che da Milano, per Bergamo, Brescia, Verona, correva largo tratto della Gallia Cisalpina (2).

Le Consolazioni.

Edicola altra volta col titolo di S. Faustino in Castello, sotto il quale si ricorda in una bolla del 1147 (3). Il Malvezzi la dice antichissima, ed a suoi tempi abbandonata; nel secolo XIII la custodiva un chierico, e nel XIV fu riparato alla sua desolazione ed al trovarsi miseramente accerchiata da’ luoghi infami (4). Atterrata, secondo il Faini dopo l’anno 1429, si ricostruiva col nome di S. Maria delle Consolazioni.

ALTARE MAGGIORE. - Un affresco di mano ignota, ed un S. Carlo del Giugno.

(1) Cron. di S. Pietro in Oliveto. a. 1184, (Doneda,Zecca di Brescia infine). Malvetii, Chron. in B. I. S. t. XIV.

(2) Brescia Romana cit. - Porta Milanese.

(3) Gradonicus, Brix. Sac.

(4) Op. cit. pag. 334(?).


Sono ancora poco lunge i resti delle chiese antiche erette dai padri nostri, siccome questa, alla radice del colle Cidneo, vale a dire d'Ogni Santi, di S. Urbano, di S. Desiderio, e d’altro; ma di S. Michele, di S. Giovanni, di S. Martino in Castro non è più vestigio alcuno.

Il Carmine.

Monastero aperto dalla città di Brescia verso il 1345 ai PP. Carmelitani, chiamati dal nostro vescovo Lambertino. Ristaurato il tempio nel secolo XVII, il Sandrino, il Gandini ed altri lo coprivano dei loro affreschi.

L'Annunciata, che all’esterno è dipinta sulla porta maggiore, è di Floriano Ferramola da Brescia.

PRIMO ALTARE. - Tolto il martirio di S. Orsola, vi si trovò sotto l’attuale prezioso affresco d’ignota mano, ma non posteriore al secolo XV, rappresentante la Discesa dello Spirito Santo: più sotto la B. V. coronata da S. Giuseppe. Ogni indagine sull’autor suo, forse bresciano, fu inutile sin qui.

SECONDO ALTARE. - SS. Egidio e Gio. Battista del Giugno.

TERZO ALTARE. - Crocifisso dipinto a fresco dal Foppa il vecchio, al quale debbonsi ancora le pitture della volta, e sono delle pochissime che tuttora ci restino di quell’egregio nostro artista.

QUARTO ALTARE. - La Strage degli Innocenti, del Marone.

ALTARE MAGGIORE. - L'Annunciata di Pietro Candido, con sopraquadro del Cossali.


NONO ALTARE. - Assunzione di Gesù: Marone.

DECIMO ALTARE. - La Vergine di maniera greco-moderna. Se vogliamo credere al Rossi, è imagine che un carmelitano recava dalla Palestina intorno al 1472.

Dietro l'altare sonvi pitture a fresco spettanti alla vecchia chiesa.

DODICESIMO ALTARE. - Sottoquadro: B. Liguori, diligente lavoro e pio dono ad un tempo della pittrice bresciana Caterina Borghetti.

TREDICESIMO ALTARE. - Arcangelo Michele, di Palma il giovane. A fianco dell’abside dietro la chiesa è una celletta tutta dipinta a buon fresco da ignoto ma probabilmente bresciano pittore; è deplorevole che questa cappella siasi chiusa adoperandola come locale di servizio con grave danno dei lodati dipinti.

Erano qui già tempo i sepolcri della nob. famiglia Fenaroli. L'audacissimo Ventura di quella casa, congiurato del novero di coloro che nel 1511 avean fatto sacramento in S. Domenico di rendere alla repubblica Veneziana la nostra città, duramente governata in quel tempo dall’esercito di Francia, veduta omai scompigliarsi la trama per un Longhena che avevala palesata in seguito a morte dai satelliti del de-Luda, cercò un rifugio nel sepolcro de’ padri suoi; ma il fedele suo cane che sulla pietra posò, e la infame viltà di un delatore che so n’era accorto, tradì l’infelice. Furono gli sgherri intorno all’avello, e trattone il Ventura, lo trascinavano innanzi al de-Luda; ma dispettando quel fiero di sopravvivere alla servitù della


patria, cacciavasi un pugnale nel petto; poi quelle fascie, che a tenerlo vivo gli si erano strette alla ferita, egli stesso dinanzi ai giudici divelse, e cadde in un lago di sangue (1).

S. Giovanni Evangelista.

Tempio probabilmente fondato da S. Gaudenzio vescovo di Brescia verso il cadere del IV secolo, e benedetto negli anni sconsolati dell’invasione d’Alarico (400-402) (2). Ma poichè in quella solennità vi deponeva le ceneri dei quaranta martiri di Sebaste, alcune reliquie di S. Giovanni il Precursore e d’altri santi, intitolava quel tempio, Concilium Sanctorum (3): ed io suppongo sia la stessa chiesa che trovasi nominata S. Giovanni Evangelista in un documento muratoriano del 761 (4). Nell’opuscolo De situ  civitatis Mediolani quel Concilium Sanctorum, nel quale si dice deposto il vescovo Anatalone, sembrerebbe a dir vero un tempio anteriore alla basilica Gaudenziana: ma col Brunati ritengo che l’anonimo scrittore di quell’opuscolo (che il dotto Birago attribuisce al VI secolo (5), e il Muratori al X)(6), abbia voluto far cenno di quest’ultima.

(1) Rossi, Elogi di bresciani illustri, pag. 248. Comino Martinengo. Racconto della congiura del 1511, ecc. ecc.

(2) Inter pericula imminentium barbarorum auxilio protegi divino merebimur. Patruum Brixientium, opera omnia cit. pag. 317.

(3) Brunati, op. cit. p. 336, 345. - Tillemont, Mem. Eccl. t. X, p. 586.

(4) Murat. Ant. It. M. Aevi, t. II. col. 407.

(5) Sull'età dell’opusc. De situ civ. Med. Am. Cat. nov. 1845.

(6) Rerum Italic. Script. t. I, p. 11. Bulland, AA. SS. 25 sept.


Sul cominciare del secolo XII già si ritrova, (dall’essere il tempio fuor della cerchia delle antiche mura) il titolo di S. Giovanni de foris, come si legge in una carta del 1109 nell’archivio di quella chiesa (1) e nel catalogo del Totti pur di quel secolo.

Totalmente distrutta nel 1151 (2) dall’incendio ricordato nella cronaca di S. Salvatore, venne rifabbricata, e nei secoli consecutivi alterata per ampie aggiunte, di forme e di concetto. Che poi fosse del secolo XIII prossima alle mura parrebbe da un atto del 1292, nel quale una casetta a quella chiesa congiunta confinava a sera col fossatum terralii (3).

PRIMO ALTARE. – L’Assunta, di Francesco Paglia.

SECONDO ALTARE. I martiri dell'Ararat, di Angelo Esserads oltramontano; la parte superiore è d’altro pennello.

TERZO ALTARE. - La strage degl’Innocenti: Moretto.

L’evidente reminiscenza in questa tavola di alcune pose notissime di Raffaello porrebbe il lavoro del nostro artefice fra quelli nei quali pare studiarsi di fondere la classica grazia della scuola romana col proprio stile; per ciò stesso errava probabilmente il Sala nel dirlo fra l’opere prime del Buonvicino (4).

(1) In suburbio urbis Brixiae apud eccl. S. Joannis de foris. Dalle memorie e documenti della parrocchia, raccolte dall’ab. Zucchini, e dall’autografo presso l’archivio prepositurale.

(2) Hoc anno eccl. S. Joannis de Foris combussit. - Cron. di S. Salvatore pubblicata, dal Doneda nell’edizione di Bologna della Zecca di Brescia.

(3) Arch. prep. e Grad. Brix. Sacra, Bernardus eps.

(4) Quadri scelti di Brescia, pag. 27.


QUARTO ALTARE. - SS. Silvia, Gaudenzio, ecc. Rossi.

QUINTO ALTARE. - B. V. di mano ignota, ma non comune, ed è forse del Moretto.

Due mezzelune, l’una di Paglia il vecchio (Natività di Maria), l’altra di Giuseppe Panfilo (la Presentazione); in alto l’adorazione dei Magi del Panfilo, ed un presepio tratto dal Moretto.

La nascita del Precursore, e l’imposizione del nome al neonato bambino sulla porta della sacrestia e sulla corrispondente di rimpetto, sono due quadri del Cossali.

ALTARE MAGGIORE. - Tutto decorato di lavori a tempera e ad olio del nostro Moretto. Sono a tempera i SS. Giovanni, Zaccaria e il Precursore nel deserto; ad olio la Vergine, i SS. Giovanni evangelista, Agostino, Agnese, e il Precursore. In alto il Padre Eterno ed un profeta. I due angeli sulle porte laterali sono del Maganza.

CAPPELLA DEL SS. SACRAMENTO. - Questa cappella può dirsi veramente un tempio dell’arte tanti sono e tanto preziosi i dipinti che la decorano. Col mezzo di oblazioni private fu recentemente ristaurata sopra disegno dell’architetto Tagliaferri e resa degna sede dei capi d’opera che vi stanno raccolti. Il bresciano pittore M. Faustini dipinse a tempera nei pennacchi del volto quattro Angeli che portano i simboli del SS. Sacramento, la decorazione ornamentale è opera dei pittori Franchini e Salvi, gli intagli in legno sono dello Zacchi ed il pittore Cavenaghi di Milano ristaurò con singolare maestria la pala e le grandi tele che ornano le pareti. - Pala dell’altare. - Le Marie


coi fedeli raccolte intorno all'estinto Gesù. Tavola insigne da alcuni attribuita a Giovanni Bellini, da altri al Civerchio. La cornice degna del quadro è squisito lavoro del valente artista bresciano, Stefano Lamberti. Da un contratto esistente negli atti della Fabbriceria sotto la data 21 marzo 1521 risulta che i due sommi nostri artisti Moretto e Romanino dipinsero, quasi a nobile gara, le tele che decorano le pareti di questa cappella.

OTTAVO ALTARE. - Lo Sposalizio di Maria, pregiatissima tavola del Romanino, nella quale si fece conoscere più assai che in altri suoi studi, vigoroso ad un tempo e delicato; il getto delle pieghe ampio, finito e vero: un non so che di calmo, di angelico, di soave è in quella composizione, che ricorda la grazia di un concetto di Rafaello: la robustezza del chiaroscuro, la varietà dei volti composti ad un solenne pensiero, fa sì che a quella tavola ti arresti come dinanzi ad un miracolo della scuola veneziana della quale il Romanino era sì tenero.

BATTISTERO. - I SS. Biagio, Barbara ed altri beati, d’ignota mano, disse il mio predecessore, ma che sosterrei di Francesco Francia (1). Studiato il vero, ottimo l’impasto delle tinte, esatto il disegno è in questa tavola, non ultimo fra i singolari dipinti della basilica di cui parliamo.

Dalle inesplicabili visioni dell’apocalisse toglieva il Cossali argomento per la gran tela che sta in alto sulla porta maggiore.

(1) Vengo accertato, che Diotti e Ruhmor manifestassero lo stesso pensiero.


S. Rocco.

Scuola ed oratorio femminile non ha molti anni rístaurato.

UNICO ALTARE. - Ha una tavola del santo titolare. Le tinte robuste, il bello stile la manifestano opera di Calisto da Lodi.

S. M. delle Grazie.

Cessato l’antico titolo di S. Maria di Palazzolo, sotto il quale i padri Umiliati qui avevano già fino dall’anno 1295 una chiesa ed un convento, qui venne, serbato dai padri Gerolimini (che una chiesa e un monastero aveano anch’essi fuor delle Pile, chiamato di S. Maria delle Grazie) quest’ultimo titolo. Rifabbricata la chiesa nel 1522 (1), quale sussiste tuttodì, fu per essi ceduto il chiostro antico pel veneto decreto, che ordinava l’atterramento dei borghi e de’ luoghi suburbani cui, potessero i nemici appoggiare, siccome per lo passato, le guerresche loro fazioni.    

Il disegno è del padre Lodovico Barcella gerolimino ; le parti decorative sono per altro di posteriore età. Ma il bassorilievo sulla porta maggiore, colle imagini della famiglia Leonico, le imposte di legno ad intagli, la marmorea porta e i due leoni alle basi delle lesene, furono tolti alla chiesa antica suburbana che abbiam nominata, quindi fatture del secolo XV, e forse precisamente del

(1) Nissino, Memorie, Cod. Quirin. C. 1, 15.


1453, nel quale anno Giorgio eremita, colla corda al collo, vestito di sacco , orrido l’aspetto e rabbuffato il crine, scorreva le nostre contrade gridando penitenza, esortando ad innalzare un santuario.

Dai Gerolimini, aboliti nel 1668, passava il chiostro e il santuario urbano delle Grazie in proprietà dei Gesuiti, che vi aprirono scuole.

Nel 1774 ne prendeva possesso il Municipio, cui spetta ancora. La chiesa internamente è tutta coperta di dorature, di stucchi e di frustagli che non ha palmo in cui non si veda qualche riccio, qualche lumachella o cartoccietto di due secoli fa. È un traforo, un intrecciamento di volute, di fogliette, di ghirigori dorati, verniciati, levigati, con entrovi specchietti e quadroncini, e che so io, sicchè l’occhio cerca indarno ove posare un istante. Buon per noi che, il Milizia non è più; che qui certo avrebbe, di che svaporare l’acre sua bile.

PRIMO ALTARE. - S. Barbara uccisa dal padre; tizianesca tela di Pietro Rosa bresciano, favorito discepolo del Vecellio.

SECONDO ALTARE. - S. Francesco Saverio; Pietro Rotari.

QUARTO ALTARE. - I SS. Antonio di Padova e l'Eremita, del Moretto.

SESTO ALTARE. - S. Francesco Regis; Simone Brentana.

SETTIMO ALTARE. - SS. Rocco, Sebastiano e Martino, del Moretto.

ALTARE MAGGIORE. - La nascita di M. V. del Bagnadore.


La Circoncisione del Giugno; la Purificazione di Gandini il vecchio; i Magi del Cossali; la Natività della B. V. di Camillo Procaccini.

OTTAVO ALTARE. - Qui presso è il Mausoleo del generale valorosissimo Tommaso Capriolo, morto nel fiore degli anni e della gloria militare.

A destra del presbitero è il monumento del cardinale Uberto dei Gambara, chiarissima famiglia nostra (1). Il busto di Uberto Gambara è in alto. Assai deve il santuario a quel Cardinale, di cui per altro la storia inesorabile notò gli oscuri fatti.

DECIMO. - SS. Gioachino ed Anna, del Bagnadore.

UNDECIMO. - I SS. Stanislao e Luigi di Antonio Paglia.

TREDICESIMO. - La Vergine con S. Gerolamo ed altri beati, attribuita con molto acume al Ferramola e che non mi pare trionfalmente rivendicata dal Sala al Foppa il giovane.

Il Presepio a cristalli colorati sulla porta maggiore è del famoso Bertini.

Nella sacristia furono collocati temporaneamente diversi quadri di proprietà comunale i quali per la loro, grandezza non possono trovar posto conveniente nella civica Pinacoteca Tosio. Sono particolarmente da ammirarsi lo stupendo Presepio del Moretto, e la pregevole tela del Romanino - La sacra Triade nell’atto di coronare

 

(1) V. Litta - Famiglie illustri italiane.


Maria, e sotto, i SS. Domenico, Faustino e Giovita ecc. Gran quadro che decorava prima l’altare maggiore della chiesa di S. Domenico.

Due cortiletti circondati da portici eleganti separano dalla chiesa grande il Santuario. Di questo si vuole che il vescovo Zane ponesse la prima pietra nel 1499, ma nelle, demolizioni praticate non ha molti anni per ampliare il santuario si trovarono parti architettoniche e pitture a fresco le quali farebbero risalire ad epoca più antica l'origine, se non di tutto, di buona parte almeno di questo sacello. Ora fu, come si disse notevolmente ampliato, e l’egregio architetto Tagliaferri, adottando nel suo disegno uno stile di transizione fra il gotico ed il rinascimento, ci richiama quasi all’epoca primitiva del santuario. Alla eleganza del concetto architettonico e decorativo corrisponde perfettamente la diligenza della esecuzione e voglionsi qui ricordare ad argomento di giusta lode i nomi di tutti gli artisti che ebbero parte nell’opera.

Il valente pittore Modesto Faustini va figurando la vita della Madonna nei grandi quadri a fresco lungo le pareti, e negli archi del volto dipinse a tempera, Angeli, Evangelisti, Apostoli. La parte decorativa è dovuta ai pittori Franchini e Chimeri. Lo scultore Davide Lombardi fornì tutti i lavori in marmo, e gli stucchi furono eseguiti con perfetta imitazione di svariati marmi dai fratelli Peduzzi. Di ignoto pennello, ma non senza pregio, è l’antico dipinto a fresco rappresentante la venerata imagine della B. V. nel Presepio.


Orfanotrofio Maschile della Misericordia.

Costrutto ed ampliato non è molti anni sui disegni dell’architetto Gaetano Clerici.

La chiesa ivi presso, costrutta nel 1522, fu dappoi rimodernata quale or si vede.

PRiMO ALTARE. - La Vergine del pianto: è quanto dire l’altare degli infelici! Oh quanti degli accolti in questo asilo di misericordia lo avranno bagnato delle loro lagrime! La tela qui dipinta vuolsi di uno scolaro del Moretto.

ALTARE MAGGIORE. - S. Gerolamo Miani, di Bettino Cignaroli.

TERZO ALTARE. - G. G. nel sepolcro, di Gandini il vecchio.

Pinacoteca Comunale Tosio.

(Contr. S. Pace, n. 585).

Di proprietà cittadina per legato munificentissimo del conte Paolo Tosi, che dopo avervi, con largo spendio e tatto squisitissimo, radunato di stampe, di medaglie, di cammei, di bronzi antichi, di libri, e sopratutto di quadri e di scolture dei più insigni artefici dell’età nostra quanto a colto e dovizioso privato era concesso, lasciava alla patria, col palagio suo proprio, questo monumento imperituro dell’eletta e gentile anima sua.

La collezione Tosio fu in seguito aumentata per legati, di altri benemeriti cittadini, Sala, Brozzoni, Pitozzi, Richiedei, Lorenzetti, e per acquisti fatti dal Municipio.


SOTTO L'ATRIO.

Democrito Gandolfi (nato nel 1796, morto nel 1874). Raffaello e Galilei (bassorilievi).

NEL CORTILE.

Gaetano Monti da Ravenna (1776-1817). - Najade (statua in marmo sulla fontana).

VESTIBOLO.

Girolamo Romanino (1485-1566). - La cena in Emaus (affresco riportato sulla tela).

Scuola di Giotto (secolo XIV). - Quattro tavolette rappresentanti Santi.

Girolamo Romanino (1485-1566). - La Maddalena ai piedi di G. C. (affresco riportato sulla tela).

Di scuola bresciana. - Madonna in trono con Bambino (affresco).

Gaetano Monti da Ravenna (n. 13 marzo 1776, m. a Milano nel maggio 1817). - Ritratto del conte Tosio (busto in marmo).

Ignoto. - L'educazione di Maria (sulla tela).

Ignoto. - La Sacra Famiglia e S. Giovanni (sulla tela).

Alessandro Bonvicino detto il Moretto (1498-1554) – La Madonna col Bambino in gloria e diversi santi (sulla tela).

Girolamo Romanino (1485-1566). - La preghiera di diversi santi (sulla tela).

Modesto Faustini (n. a Brescia, viv.) - Ritratto di S. M. la Regina Margherita di Savoia (sulla tela, ovale).


Gaetano Monti da Ravenna (1776-1847). - Le Bella Arti (bassorilievi in scagliola).

QUADRI ANTICHI - SALA I.

1. Vincenzo Foppa il giovane. - Fioriva nella primi metà del secolo XVI. - I Santi Faustino e Giovita (affresco).

2. Fra Bortolomeo di S. Marco, domenicano, detto prima Baccio della Porta (1469-1517). - Sacra Famiglia (sulla tavola).

3. Alessandro Bonvicino il  Moretto ( 1498-1554). L'annunciazione di Maria Vergine (sulla tavola).

4. Scuola bolognese. - Ritratto di donna (sulla tela).

5. Vincenzo Civerchio. - Fioriva nella seconda metà del secolo XV e in principio del XVI. - S. Nicola, San Sebastiano e S. Rocco (trittico).

6. Alessandro Bonvicino (1498-1554). - Ritratto d’uomo (sulla tela).

7. Matteo Plattenberg detto Montagne (1600-1666) Burrasca (sulla tela).

8. Girolamo Romanino (1485-1566) - Ritratto d'uomo (sulla tela).

9. Pietro de Mulieribus detto Tempesta (1637-1701). Paesaggio con macchiette (sulla tela).

10. Sofonisba Anguissola. Fioriva sulla fine del secolo XVI e in principio del XVII. Ritratto d'uomo (sulla tela).

11. Annibale Caracci (1560-1609). - S. Agnese (sulla tavola).


12. Francesco Raibolini detto il Francia (1450-1535). - Ritratto di giovanetto (sulla tavola).

13. Michelangelo Morigi detto da Caravaggio (1569-1609). -Suonatore di liuto (sulla tela).

14. Luca Jacopi di Leyda detto Luca d’Olanda (1494-1533). - Monache in preghiera (sulla tavola).

15. Scuola bolognese. - La Maddalena con Angeli (sulla tela).

16. Scuola del Giorgione. Ritratto d'uomo (sulla tela).

17. Girolamo Savoldo. - Fiorì nella prima metà del secolo XVI. - Il Presepio di Nostro Signore (sulla tavola).

18. Calisto Piazza detto Calisto da Lodi. - Fiorì nel principio del secolo XVI. - Il Presepio di Nostro Signore e due santi (tempra sulla tela).

19. Vincenzo Foppa il vecchio (m. 1492). - Il Redentore che porta la croce (sulla tela).

20 e 21. Autori diversi. - Disegni vari.

22 a 24. Girolamo dai Libri (1472-1555). – Miniatura su pergamena.

25. Idem. - Presepio con ornato (miniatura).

26. Ignoto. - Cristo nell'orto (miniatura).

27. Scuola Giottesca. - La Vergine col Bambino (sulla tavola).

28. Ignoto. - Sacra Famiglia (sulla tavola).


SALA II.

1. Luca Mombello (n. 1520). - La Presentazione al tempio (sulla tela).

2. Gio. Battista Morone (m. 1578). - Ritratto d'uomo (sulla tela).

3. Antonio Vandyk (1099-1040). - La Beata Vergine col Divino Infante e S. Giovanni Battista (sulla tela).

4. Francesco Francia (1450-1535). - Nostra Donna col Bambino (sulla tavola).

5. Gio. Francesco Barbieri detto Guercino da Cento (1590-1666). - Cristo che risana il cieco (sulla tela).

6. Paolo Veronese (scuola di). - Ritratto d’un guerriero (sulla tela).

7. Alessandro Bonvicino detto il Moretto (1498-1554). - La Sacra Famiglia (sulla tavola).

8. Girolamo Romanino (1485-1566). - La B. V. che sostiene il Nazzareno morto (sulla tela).

9. Jacopo Robusti detto il Tintoretto (1513-1594). Ritratto d’un vecchio (sulla tela).

10. Simone Cantarini detto da Pesaro (1612-1648). - La Madonna del Rosario (sulla tela).

11. Pietro Paolo Rubens (1577-1640). - Ritratto della madre dell’autore (sulla tavola).

12. Lorenzo Lotto. - Fioriva nella prima metà del secolo XVI. - Presepio con pastori ed angeli (sulla tela).

13. Polidoro Caldara detto da Caravaggio (m. 1513). - Il ratto delle Sabine (disegno acquarellato).


 

14. Gio. Battista Morone (m. 1578). - Ritratto (sulla tela).

15. Francesco Francia (1450-1535) - Nostra Donna col Bambino (sulla tavola).

16. Alessandro Bonvicino detto Moretto (1498-1554). - Erodiade (sulla tavola).

17. Girolamo Romanino (1485-1566). - Presepio di N. S. con alcuni frati (sulla tela).

18. Alessandro Bonvicino detto Moretto (1498-1554). - La cena in Emaus (sulla tela).

19. Girolamo Romanino (1485-1566). - Cristo che porta la croce (sulla tela).

20. Francesco Bassi detto il Cremonese dai Paesi (1642-1700). - Ponte che mette ad un castello (sulla tela).

21. Giovanni Bellini (1424-1514). - Il Redentore (sulla tavola).

22. Carlo Maratta (1625-1713). - Nostra Donna col Bambino (sulla tela).

23. Pietro de Mulieribus detto il Tempesta (1637-1701). - Paesaggio (sulla tela).

24. Francesco Clowet detto Jeannet (1500-1572). - Ritratto di Enrico III re di Francia (sulla tavola).

25. Cornelio Pallemburg. - Fioriva nel secolo XVII. Bagno di donne in una grotta (sulla tavola).

26. Scuola fiamminga. - Paesaggio (sulla tavola).

27 e 28. Giorgio Duranti (1683-1755). - Gruppi di pollame (sul rame).

29. Scuola bolognese. - Venere portata dai delfini (sulla tela).

30. Bartolomeo Spranger (Sec.° XVI.) - Flagellazione di Cristo (sulla tavola).


31. Francesco Zuccarelli. - Fioriva nella seconda metà del secolo XVIII. - Paesaggio (sulla tela).

32. Scuola bolognese. - La Madonna col Bambino (sul rame).

33. Ignoto. Ritratto di un vecchio (sul rame).

34. Giovanni Fitt (1621, viveva nel 1661). - Uccelli morti (sulla tela.).

35. Van der Meer (secolo XVII). - Una notte (sulla tavola)

36 e 37. Davide Teniers (1610-1694). - Bevitori (sulla tavola).

38. Fiammingo. - Una monaca (sul rame).

39. Giorgio Durandi (1683-1755). - Gruppo di pulcini (sulla tela).

40. Alessandro Bonvicino detto il Moretto (1498-1554). - La Sacra Famiglia (tempra sulla tela).

41. Ignoto - Giuseppe riconosciuto dai fratelli (sulla tela).

42. Padre Giacomo Cortesi da Bologna detto il Borgognone (1621-1676). - Fatto d’armi (sulla tela).

43. Ignoto. - Ritratto di donna (sulla tavola).

44. Pietro Neef. - Fiorì nel principio del secolo XVII. S. Pietro liberato dal carcere (sul rame).

45. Annibale Caracci (1560-1609). - S. Francesco in orazione (sulla tavola).

46. Scuola fiamminga. - Paesaggio (sulla tavola).


 

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47. Ignoto. - S. Francesco (sul rame).

48. Sofonisba Anguissola. - Fioriva sulla fine del secolo XVI e in principio del secolo XVII. - Ritratto di fanciulla (sulla tela).

49. Ignoto. - La Deposizione dalla croce (sul vetro).

50. Pietro Marone. (1548-1652) - Un santo martire (sulla tavola).

51. Andrea Solari detto il Gobbo. - Fioriva nel secolo XVI. - Cristo che porta la croce (sulla tavola).

52. Ignoto. - S. Pietro (sulla tavola).

53. Andrea Mantegna (1430-1505). - Trionfo di Cesare (sul rame).

51. Scuola di Raffaello. - La Madonna col Bambino (sulla tavola)

55. Pietro Marone (1518-1625). - Un santo Martire (sulla tavola).

56 e 57. - Francesco Zuccarelli (1702-1788). - Paesaggi e macchiette (sulla tela).

58. Scuola fiamminga. - Ritratto d’uomo (sulla tavola).

59. Girolamo dai Libri (1472-1555). Coro di frati (miniatura su pergamena).

60. Scuola fiamminga. - La Maddalena penitente (sul rame).

61. Enrico Golzio (1558-1617). - Cristo che cade sotto la croce.

62. Battaglioli Francesco. - Prospettiva.

63 e 64. Bocchi Francesco. - I pigmei. Scene umoristiche.


65 e 66. Scuola del Poussin. - Paesaggi con macchiette.

67. Alessandro Bonvicino detto il Moretto (1498-1554). - Mosè al roveto ardente (affresco riportato sulla tela, sotto la volta).

SALA III.

1. Ignoto. - Nostra Donna, col Bambino e S. Giovanni (sulla tavola).

2. Floriano Ferramola (m. 1528). - Cristo che porta la croce (sulla tavola).

3. Carlo Maratta (1625-1713). - La Madonna col Bambino Gesù.

4. Padre Giacomo Cortesi da Bologna, detto il Borgognone (1621-1676). - Assalto di Gerusalemme (sulla tela).

5. Alessandro Bonvicino detto il Moretto ( 1498-1554). - Cristo seduto con un angelo tenente la veste (sulla te1a).

6. Ignoto. - Ritratto di donna (sulla tavola).

7. Andrea del Sarto (1478-1520). - La Madonna col Bambino ed altre figure (sulla tavola).

8. Giorgio Duranti (1683-1755). - Paesaggio con polli (sulla tela).

9. Ignoto. - Ritratto (sulla tela).

10. Lattanzio Gambara (1530-1573). - Apollo con amorino (affresco).

11. Francesco Albani (1578-1660). - La teletta di Venere (sulla tela).


 12. Ignoto. - Ritratto di un vecchio (sulla tavola).

13. Scuola bolognese. - S. Sebastiano (sulla tela).

14. Girolamo Romanino (1485-1566). - Ritratto (sulla tavola).

15. Giorgio Duranti. (1683-1755). - Gruppo di pollame (sulla tela).

16. Giorgio Barbarelli da Castelfranco detto Giorgione (1477-1511) Ritratto di Lodovico Ariosto (sulla tela).

17. Francesco Londonio (1723-1783). - Pastorella con pecore (sulla tela).

18. Rütter. - S. Celestino (sulla tela).

19. Scuola del Bonvicino. - La Sacra Famiglia (sulla tavola).

20. Alessandro Bonvicino detto il Moretto (1498-1554) La Pentecoste (sulla tela).

21. Ignoto. - Ritratto d’un frate (sul rame).

22. Cesare da Sesto. - Fiorì nella prima metà del secolo XVI. - Il Redentore giovinetto (sulla tavola).

23. Annibale Caracci (1560-1609). S. Francesco (sulla pietra di paragone).

24. Raffaello Sanzio d'Urbino (1483-1520). - Il Redentore (sulla tavola).

25. Jacopo Palma il giovane (1511-1628). Cristo che porta la croce (sulla tavola).

26. Ignoto. - Nostra Donna col Bambino e un angelo (sulla tela).

27. Francesco Bassano (1551-1594). - L’adorazione dei pastori nel presepio (sulla tela).


28. Ignoto. - Ritratto di Calvino (sulla tavola).

29. Ignoto. - Testa di vecchio (sulla tavola).

30. Antonio Calza (1653-1714). - Battaglia (sulla tela).

31. Ignoto. - La Sacra Famiglia (schizzo).

32 a 34. Giuseppe Cesari detto il Cavalier d'Arpino (1568-1640). La Religione, l’Abbondanza e la Giustizia (tre dipinti sul rame).

35. Giulio Carpioni (1611-1674). - Baccanale (sulla tela).

36. Scuola veneziana. - La Madonna col bambino (sulla tavola).

37. Ignoto. - L'Angelo che svela il mistero a S. Giuseppe (sulla tela).

38. Ignoto. - Ritratto (sulla tavola).

39. Scuola di Tiepolo (1692-1769). - La predicazione, di S. Vincenzo Ferreri (sulla tela).

40. Vittore Carpaccio (1450-1522). - Ritratto di Dante (sulla tavola).

41. Ignoto. – L’Angelo che appare ad Agar (sul rame).

42. Ignoto. - Madonna col Bambino e due santi (sulla tavola).

43. Ignoto. - Cristo nell’orto (sulla tavola).

GABINETTO E CORRIDOIO.

44. Lattanzio Gambara (1530-1573). - Ritratto dell’autore (affresco).

45. Lodovico Gallina (1752-1787). - Martirio di San Lorenzo.


46 e 47. Raccolta di incisioni antiche di vari autori.

48. Carlo Lasinio. - Otto acquerelli (copie d’affreschi del Campo Santo di Pisa, eseguite nel 1807 per commissione Tosio).

GABINETTO DELL'ELEONORA.

Antonio Canova (n. a Possagno il I° novembre 1757,m. il 13 ottobre 1822). - Eleonora d’Este.

Disegni d'autori antichi e moderni, tra i quali primeggiano Raffaello, G. Romano, Guercino, Bonvicino, Tempesta, Tintoretto, A. Appiani, P. Palagi, Bossi, Anderloni.

QUADRI MODERNI - SALA IV.

1. Faustino Pernici (n. a Brescia nel 1809, m. nel dicembre 1840). - Festa campestre.

2. Giovanni Migliara (n. ad Alessandria di Piemonte il 15 ottobre 1785, m. in Milano nel maggio 1847). - Interno della chiesa della Certosa di Pavia.

3. Giovanni Renica (n. a Bagnolo di Brescia viv.) La piazza del palazzo municipale di Brescia.

4. Giacomo Trecourt (n. a Bergamo, m. 1882) - La buona madre (sopraporta).

5. Orazio Vernet (n. a Parigi il 30 giugno 1789, m. nel 1864). - La notte.

6. Enrico Woogd. - Fioriva sul principio del nostro secolo. - Campagna romana (eseguito per commissione Tosio nel 1822).

7. Giovanni Renica (viv.) - Veduta di Desenzano.


8. Giacomo Trecourt. - I primi passi dell' infanzia (sopraporta).

9. Idem. - La prima lezione di musica (sopraporta).

10. Tommaso Castellini (n. a Brescia nel 1803, m. in Gussago nel 1869). - Vaso di fiori (dipinto sulla pietra di paragone).

11. Francesco Bassi detto il Cremonese dai Paesi (1642-1700). -Veduta di Aricia.

12. Luigi Basiletti (n. a Brescia nel 1780, m. 1860). - L'isola d'Ischia.

13. Gio. Battista Ferrari (n. a Brescia, viv.) – Abitazione alpina.

14. Giacomo Trecourt. - La prima lettura (sopraporta).

15. Faustino Joli (n. 1814, m. a Brescia il 22 settembre 1876). - Pastori con animali.

16. Giuseppe Canella (n. a Verona nel 1790, m. a Firenze il 22 settembre 1847). - Le tintorie di Rouen.

17. M. Granet (n. nel 1782 circa, fiorì nel principio del nostro secolo). - Coro di frati (eseguito nel 1829 per ordine Tosio).

18. Giuseppe Bisi (n. a Genova nel 1787, m. a Milano l'ottobre 1869). - Orlando e Rodomonte - dal poema dell'Ariosto.

19. Giovanni Franceschetti (n. a Brescia nel 1816, m. a Milano nel 1845). - Cane levriere (in scagliola).

20. Alberto Thorwaldsen (1770-1844). - Ganimede.


GABINETTO OTTAGONO.

21. Lorenzo Bartolini (n. a Savignano di Toscana nel 1777, m. a Firenze il 20 gennaio 1850). - Bacco pigiatore.

22 a 25. Faustino Joli (18111-1876). - Studi di paesaggio e bestie (quattro quadri).

26. Luigi Pampaloni. (n. a Firenze nel 1791 m. nel 1847) - La Preghiera.

GALLERIA DELLE STAMPE.

Raccolta di incisioni moderne di vari autori (esemplari distinti).

SALA V.

1. Cincinnato Baruzzi (n. ad Imola il 16 marzo 1796, m. a Bologna il 26 gennaio 1878). - Silvia-Tasso, Aminta, atto II. scena II.

2 e 3. Vasi di porcellana delle fabbriche di Sèvres. (Dono dell’imperatore Napoleone III).

4 a 9. Vasi giapponesi antichi.

10. Democrito Gandolfi. (n. 1796, m. 1874) - Il genio della Musica.

SALA VI.

I. Giuseppe Canella (1790-1847). - Veduta della città di Caen.

2. Idem. - Notte.

3. Giovanni Migliara (1785-1837). - Interno della Certosa di Pavia (sulla tavola).


4. Idem. Interno della basilica di S. Pietro in Roma.

5. Idem. Convento di monache (sulla tavola).

6. Giuseppe Canella (1790-1817). - Tramonto di sole..

7. Idem. - Il mattino.

8. Idem. - L'aurora.

g. Idem. - Molino olandese.

10. Idem. - Posada spagnuola.

11. Faustino Pernici (1809-1840). - Lato a sera del palazzo la Loggia in Brescia.

12. Giuseppe Borsato (n. a Venezia,viv.) - La riva degli Schiavoni in Venezia (sulla tavola).

13. Massimo D’Azeglio (n. a Torino il 21 ottobre 1778, m. il 15 gennaio 1856). - Ferraù e l'ombra d'Argalia dall'Orlando Furioso, di Ariosto.

14. Luigi Basiletti (1780-1860). - Rovine d’acquedotti nella campagna romana.

15. Giuseppe Bisi (1787-1869). - Un tramonto.

16. Giuseppe Borsato (n. a Venezia, viv.) – Nevicata sulla riva degli Schiavoni in Venezia(sulla tavola).

17. Federico Moja (n. a Dolo presso Venezia viv.). – Fiera campestre.

18. Giovanni Migliara (1785-1837). - La piazza dì S. Marco in Venezia.

19. Carlo Ferrari (n. a Verona, m. nel 1871). - Fiera di S. Michele presso Verona.

20. Giuseppe Canella (1790-1847). - Notte.

21. Giuseppe Bisi (1787-1860). - Tramonto.

22. Idem. - Paesaggio.


23. Massimo d’Azeglio (1801-1866). - La caccia col falco.

24. Luigi Basiletti (1780-1860). - Veduta di Napoli.

25. Carlo Ferrari (n. a Verona, m. nel 1871). - La benedizione del tempo.

CAPPELLA.

1. Pompeo Marchesi (n. a Milano nel 1790, m. il 6 febbraio 1858). - Il Redentore.

2. Giovanni Franceschetti (1816-1845). - Altare in marmo di Carrara.

3. Alessandro Algardi (n. a Bologna nel 1602, m. nel 1654). - Crocefisso (in avorio).lì

4. Raffaello Morghen (n. a Portici il 14 giugno 1761, m. a Napoli l’8 aprile 1833). - Il Cenacolo.

SALA VII.

1. Giovanni Franceschetti (1816-1845). - La Flora (statua).

2. Michele Boninsegna (n. a Manerbio, viv.) - Camillo Brozzoni.

3. Franceschetti. - L'Imperatrice Maria di Russia.

4. Giovanni Franceschetti (1816-1845). - Ritratto di Moglia

(bassorilievo).

La numerosa raccolta di studi dal vero di paesaggio esposta in questa sala è dono splendido, fatto all’Ateneo dall'egregio nostro pittore Giovanni Renica.


SALA VIII.

1. Alberto Thorwaldsen (1770-1844). - L'aurora (bassorilievo).

2. Idem. - La notte (bassorilievo).

3. Giuseppe Canella (1790-1847)  Il ponte nuovo sulla Senna a Parigi (tempra).

4. Idem. - Il palazzo delle Tuilleries e del Louvre a Parigi (tempra).

5. Giuseppe Ariassi (n. a Brescia, viv.) - Amorini. Copia da bassorilievo.

6. Giuseppe Bertini (n. a Milano, viv.) - Costumi romani (due acquerelli).

7. Giovanni Renica (viv.) - Paesaggi (acquerelli).

8. Luigi Bisi (n. a Milano, viv.) - Chiostro interno della Certosa di Pavia.

9. Giuseppe Bison (n. a Palmanova il 19 giugno 1762, m. a Milano il 24 agosto 1844). Paesaggio con macchiette (acquerello).

10. Faustino Joli (1814-1876). Studi di paesaggio.

11 e 12. Giovanni Renica ( viv.). - Paesaggi all’acquerello.

13 e 14. Gio. Battìsta Ferrarí (vív.) - Paesaggi.

15. Faustino Pernici (1809-1840). - Interno.

16 e 17. Idem. - Studi prospettici.

18. Giovanni Renica (viv.) - Paesaggio.

19 a 23. Giovanni Migliara (1785-1837). - Vari interni ed un paesaggio.


24. Federico Moja (viv.) - Interno d’osteria (imitazione del Téniers).

25. Ignoto. - Un amorino (bassorilievo in avorio).

26. Faustino Joli (1814-1876). - Contadini che accompagnano un carro di paglia, o l'estate.

27. Tommaso Castellini (1803-1869). - Fiori. -

28. Ignoto. - Ritratto d’uomo.

29. ignoto. - Madonna col Bambino (smalto).

30 a 32. Ignoti. - Ritratti.

33. Ignoto. - S. Francesco.

34. Ignoto. S. Maria Maddalena.

35. Ignoto. - Maria Vergine.

36 e 37. Faustino Joli (1814-1876). - Ritratti di cani-

38 e 39. Tommaso Castellini (1803-1869). - Fiori.

40. Giovita Lombardi (n. a Rezzato Bresciano nel 1835. m. a Roma nel 1876). - Fiori (bassorilievo in marmo).

41. Democrito Gandolfi (1796-1874). - Apoteosi di Napoleone I (bassorilievo in cera).

42 e 43. Gio. Battista Ferrari (viv.) - Paesaggi.

44 a 47. Luigi Nesti (n. a Milano, ivi morì). Ritratti (bassorilievi in cera).

48. Pietro Vergine (n. a Brescia l’11 luglio 1800,m. nel 1863). - La Carità (miniatura).

49. Idem. - Ritratto muliebre (miniatura).

50 e 51. Gio. Battista Gigola (n. a Brescia nel 1769, m. a Milano nel 1811). - Ritratti.

52. Gio. Sigismondo Müller (n. a Stuttgarda nel 1786, morì giovane). - Ritratto (miniatura).


53. Ignoto. - Beatrice Cenci (miniatura).

51. Simone Cantarini detto da Pesaro (1612-1618). - Madonna col Bambino.

55. Ignoto. - S. Giovanni.

56. Ignoto. - Ritratto di Albani.

57. Ignoto. - S. Francesco.

58. Co: Oldofredi Tadini - Paesaggio.

59 a 61. Giovanni Migliara (1785-1837). - Fabbrica di vetri - interno del Panteon a Roma - e Catacombe.

62. Ignoto. - S. Antonio (dipinto sopra conchiglia).

63. Sac. Stefano Fenaroli (n. a Tavernola sul lago, d’Iseo, viv.) - Lavoro aureografico - copia.

64. Luigi Basiletti (1780-1860). - Venere ed amore (sotto il volto).

65 e 66. Giovanni Seleroni (n. a Milano, viv.) - Giuochi infantili (bassirilievi).

67 a 69. Abbondio Sangiorgio (n. a Milano, m. 1881)

Ritratti di A. Volta, G. Galilei, e Scarpa (bassirilievi).

70 e 71. Giovanni Franceschetti (1816-1845). - Fiori (bassirilievi).

SALA IX.

1. Luigi Basiletti (1780-1860). - Veduta del lago d’Iseo-.

2. Giovanni Renica (viv.) - Le scaturigini dell’Adda.

3. Luigi Basiletti (1780-1860). - Veduta del capo Sunio.


4. Idem. - Tempio della Sibilla a Tivoli.

5. Gio. Antonio Morelli (n. a Gambara il 15 agosto 1779, m. il 17 aprile 1857). - La cascata di Terni (mosaico).

6. Faustino Pernici (1819-1840). - Veduta del castello di Trento.

7. Luigi Basiletti (1780-1860). - Il castello di Brescia.

8. Idem. - La tomba di Ettore.

9. Buet. - Il giuramento dei tre Svizzeri (acquerello).

10 e 11. Luigi Basiletti (1780-1860). - Disegni di paesaggio e fatti storici.

12. Giovanni Renica (viv.) - Veduta del paese di Subiaco.

13. Luigi Riccardi (n. nel 1807, m. a Milano il 29 giugno 1877). - Una burrasca.

14. Carlo Ferrari (n. a Verona, m. nel 1871). - Una fiera campestre.

15. Giuseppe Canella (1790-1847). - Marina sulle coste di Barcellona.

16. Giovanni Migliara (1785-1837). - Lavanderia in un monastero di monache.

17. Giovanni Renica (viv.) - Veduta del foro romano.

18. Luigi Bisi (n. a Milano, viv.) - Interno della chiesa di Bron presso Bourg.

19. Domenico Pesenti (n. a Medole, viv.) - Portico esterno di S. Celso in Milano (acquerello).

20. Michele Bisi (n. a Genova nell’aprile 1787, m. a Milano il 26 dicembre 1874). - La principessa Augusta, Amalia (disegno a penna).


21. Carlo Ferrari (n. a Verona, m. nel 1871). - Preghiera di frati (acquerello).

22. Giuseppe Bossi (n. a Busto Arsizio nel 1776, m. a Milano il 9 dicembre 1815). - Schizzo a penna.

23. Michele Bisi (1787-1874). - Un prete armeno (acquerello).

24. Giovanni Franceschetti (1816-1845) - La Beatrice di Dante (busto).

25. Cincinnato Baruzzi (1796-1878). Saffo (busto).

SALA X.

1. Francesco Hayez (n. a Venezia nel 1792 viv.)- Incontro di Giacobbe ed Esaù.

2. Luigi Sampietri (n. a Pontevico nel 1802, m. a Brescia nel 1853). - Ritratto di un frate.

3. Michele Bisi (1787-1874). - La morte del Giaurro (tempra).

4 e 5. Gio. Battista Gigola (1769-1841). - Socrate e Alcibiade, scene della vita greca. Miniature sulla pergamena.

6. Giacomo Trecourt (n. a Bergamo, viv.) - Ossian e Malvina.

7. Angelo Inganni (n. a Brescia, ivi morto). - Laocoonte (copia dall’Hayez).

8. Giuseppe Molteni (n. a Milano, m. nel 1867). - La signora decaduta.

9. Natale Schiavoni (n. a Chioggia il 25 aprile 1777 m. a Milano il 17 aprile 1858). - Venere coricata.


10. Alessandro Sala (n. a Brescia il 10 settembre 1771, m. il 18 giugno 1841). - La danza degli amori (copia dall’Albani, sul rame).

11. Andrea Appiani (n. a Milano il 23 marzo 1754, m. l'8 novembre 1817). - La teletta di Giunone.

12. Giuseppe Bezzuoli (n. a Firenze nel 1784, m. il 13 settembre 1855). - La Galatea (sul rame).

13. Andrea Appiani (1754-1817). - La Madonna con il Bambino.     

14. M. Granet (n. nel 1782 circa). - Scena di monache (eseguito per ordine Tosio nel 1832).

15 a 22. Incisioni diverse moderne.

23. Achille Glisenti. - Morte di Cleopatra.

24. Mario di Scovolo. - Paesaggio storico.

SALA XI.

1. Francesco Hayez (n. nel 1792, viv.) – L’addio di Saladino (litografia).

2. Angelo Inganni (viv.) - Lo spazzacamino.

3. Eliseo Sala (n. a Milano, viv). - Pia de’ Tolomei.

4. Modesto Faustini (n. a Brescia, viv.) - Gli amori degli angeli.

5. Angelo Inganni (viv.) - Ritratto d’una signora, istitutrice di un pio ospizio.

6. Gallo Gallina (n. a Cremona nel 1796, m. a Milano nel 1874). - Agar e Ismaele nel deserto.

7 a 9. Faustino Joli (1814-1876). - Animali.

10. Luigi Basiletti (1780-1860). - Niobe.


11. Luigi Sampietri (1802-1853). - Ritratto dell’autore

12. Gaspare Landi (n. a Piacenza nel 1756, m. a Roma il 24 febbraio 1830). - Ebe che abbevera l’aquila di Giove.

13 e 14. Faustino Joli (1814-1876). - Animali. Studi dal vero.

15. Gabriele Rottini (n. a Brescia 1797, m. 1858). La morte di Scomburga.

16. Pelagio Palagi (n. a Bologna il 15 maggio 1775, m. a Torino il 6 marzo 1860). - Newton scopre la teoria della rifrazione della luce.

17. Idem. – L’educazione d’amore.

18.Idem. - La Maddalena nel deserto.

19. Andrea Appiani (1754-1817). - Disegni di teste.

20. Carolina Baruzzi (n. a Bologna l’11 luglio 1805,m. a Firenze l’8 agosto 1860). - Ritratto muliebre.

21. Andrea Appiani (1754-1817). - Disegni di testo.

22. Natale Schiavone (1777-1858) Madonna col Bambino (sul rame).

23. Luigi Basiletti (1780-1860). - Ritratto.

24. Tommaso Castellini (1803-1869). - Fiori.

25 a 28. Incisioni. - Fatti della storia antica e moderna.

29. Modesto Faustini. - Pila dell'acqua santa in San Pietro di Roma.


SALA XII.

1 e 2. Giuseppe Diotti (n. a Casalmaggiore nel 1779, m. a Bergamo il 30 gennaio 1846). - Due disegni.

3. Giuseppe Bezzuoli (1784-1855). La scuola d’Atene (copia da Raffaello).

4. Michelangelo Gregoletti (n. a Pordenone nel 1801, m. a Venezia l’11 febbraio 1870). - Ritratto dell’incisore Longhi.

5. Lodovico Lipparini (n. a Bologna il 17 febbraio 1802. m. a Venezia il 19 marzo 1856). - Il corsaro greco.

6. Gabriele Rottini (1797-1858). - Ritratto di Agostino Gallo.

7. Giuseppe Molteni (viv.) - Il piccolo spazzacamino.

8. Giacomo Trecourt (viv.) - Costume del secolo XII.

9. Giuseppe Diotti (1779-1846). - Costume greco antico.

10. Angelo Inganni (viv.) - Stalla con filatrici.

11. Idem. - Un villano che accende il lume.

12. Michelangelo Gregoletti (1801-1870). - Un Armeno.

13. Gabriele Rottini (1797-1858). - Ritratto di Nicolò Tartaglia.

14. Andrea Appiani (n. a Milano, m. nel 1865). - La fuga di Bianca Capello.

15. Angelo Inganni (viv.) - Accampamento di Zuavi sulle mura di Brescia, 1859.

16. Angelo Inganni (viv.) - Ritratti.


17. Giuseppe Sogni (n. a Robbiano il 17 maggio 1795, m. a Milano l’11 agosto 1874). - Ila scoperto dalle Ninfe.

18. Angelo Inganni (viv.) - Un villano che accende il lume.

19. Giov. Battista Dragoni (n. a Brescia il 26 maggio 1801, m. il 3 maggio 1860). - Candelabri (copie a contorno da Raffaello). Logge del Vaticano.

20. Francesco Filippini. - La morte di Caligola.

21. Antonio Tantardini (1829-1879). - Una bagnante (statua).

SALA XIII.

1. Francesco Podesti (n. ad Ancona, viv.) - Torquato Tasso legge la sua Gerusalemme dinanzi alla corte Estense.

2. Giuseppe Diotti (1779-1846.). - Il conte Ugolino nella torre di Pisa.

3. Felice Schiavoni (n. a Venezia, viv.) - Raffaello e la Fornarina (sulla tavola).

4. Francesco Hayez (n. nel 1792, viv.) - I profughi di Parga, 1819.

5. Giovanni Franceschetti (1816-1845). - Fiori in plastica.

6. A. Salvetti. - Acquerello.


SALA XIV.

Raccolta di stampe moderne (prove distinte).

Pietro Marone (1548-1625). - Il sogno di S. Pietro (sotto la volta).

SALA XV.

1. Luigi Ferrari (n. a Venezia nel 1810, viv.) - Laocoonte (gruppo in marmo).

2. Alessandro Bonvicino detto il Moretto (1498-1554). La Madonna col Bambino e diversi Santi.

3. Girolamo Romanino (1485-1566). - S. Paolo, San Giovanni ed altri Santi.

4. Democrito Gandolfi (1796-1874). - Napoleone I (busto in marmo).

5. Idem- - Lo scultore Canova (busto in marmo).

6. Gaetano Monti da Ravenna (1776-1817). - Galileo Galilei (busto in marmo).

Porta Matolfa.

Trovavasi qui presso (1); e il più antico documento a me noto che la ricordi è un contratto del 1041 (2) di vendita di un fondo intra porta Matulfi. È rammentata nel secolo consecutivo dalle cronache di Ardicio, come in altri documenti del secolo XIII (3); e nel Lib. Poteris Brix. al Registro De viis factis.... in Circha si descrivono quelle da Porta Matulfi usque ad NAVILIUM, et a Navilio usque od portam Cirche de strata Porta Matulfi, etc., sicut clau-

 

(1) Era al crosale sopra S. Barnaba, alla fontana che va verso S. Pace. - Nassino, Memorie autog. Quirin. cit.

(2) Cod. Dipl. Quirin. t. IV, sec. XI, autog. perg.

(3) Astezati, Com. Manelm. pag. 38, a. 1239. - Indice dei Documenti Giuliani, an. 1207. Cod. Quirin c


dunt NAVILIUM et strata. Quel Registro è del 1237 (1). Ora di essa non è più traccia.

Porta S. Alessandro.

Innalzavasi nel secolo XIII non molto lungi dalla porta delle pile dei Torzani; e di questa pure non è più avanzo alcuno, sendosi l’attual Porta in altro luogo eretta, quando venne compreso nell’ambito delle mura il borgo di quel nome.

Porta N. Nazaro e la Stazione della Via Ferrata.

Abbiam già detto dell’antica, porta di S. Agata (rammemorata nei documenti nostri fino dal secolo XIII) (2), e di quelle di S. Nazaro e di Campobasso. A tutte queste nell’ultimo allargamento delle mura fu sostituita la rocca e porta ad un tempo di S. Nazaro.

La quale, atterrata da poi, diede luogo alla porta cha ora dicesi Porta della stazione.

Adduce questa per largo viale alla prossima stazione della via ferrata: edificio più vasto che bello e che racchiude, cogli uffici della stazione, le sale dei forestieri, un’ampia tettoia, le fila dei magazzini, tutto che riguardi il movimento, le attribuzioni moltiplici di una stazione.

Fu non ha guari ampliato d’assai cosicchè l’ambito degli edifici e magazzini ferroviari si estende fin presso le

(1) Liber Poteris Brix. pag. 236.

(2) Lafranco de porta S. Agathes leggeva il Luchi in un atto del 1189. Cod. Dipl. Brix. cit. pag. 199.


porte S. Alessandro. E in quest’anno medesimo nel piazzale attiguo alla stazione ferroviaria fu elevata la stazione per le varie linee dei tramways che diramano a Vobarno, a Gardone e ad Orzinuovi. Altra simile stazione sorse presso porta Venezia per la linea Brescia-Castiglione-Mantova.

A pochi passi dalla ferrovia fa di sè dolce invito l’amenissimo giardino che il benemerito Camillo Brozzoni lasciava all’amatissima sua patria.

A non parlare della delizia del luogo e dell’accorta e svariata disposizione delle serre, delle macchie, di quanto gli accresce vaghezza e leggiadria, vi si ammirano intorno a quattrocento specie di Echinocacti e Mammillarie oltre a più di cinquecento varietà di Coniferi, di Resinosi, e sempre verdi. Un bosco di Camelie da oltre un migliaio di varietà, delle quali sono a notarsi le più recenti e più rare. Nè vuolsi dimenticata la raccolta singolarissima, delle Palme, delle Cycadee, e di tanta e così bella varietà di fiori, che è un incanto a vederli.

Porta S. Giovanni.
(Porta Milano)

Così chiamata perchè un tempo vicinissima alla chiesa di quel nome. Il più antico cenno a me noto è del 1110 (1). Ma pure di quel tempo doveva trovarsi al di qua della basilica, la quale certamente un anno prima era subur-

(1) Breve recordationis de Ardicio de Aimonib. Cron. cit. pag. 98. Portam S. Joannis occupaverunt.


bana (1). Negli atti relativi all’allargamento delle patrie mura, decretato ed eseguito intorno al 1237, si parla chiaramente delle due porte; la vecchia e la nuova di S. Giovanni per non dirvi di un’altra dello stesso nome, detta cioè della Cerchia di S. Giovanni (2).

Da nessuno per avventura fu avvertito un doppio ordine di porte, che in quel tempo adducevano alla nostra città. Le porte propriamente dette, e le porte della cerchia p. e. di S. Giovanni, di Campobasso, di S. Nazaro, di Porta Nuova ecc. (3).

Riampliato ne’ secoli posteriori l’ambito delle muraglie cittadine sino ai termini attuali, si alzarono a ciascuna delle porte maggiori altrettante rocche; e la rocca di S. Giovanni sorgea massiccia, irta di bastioni, di torri, di spaldi gagliardissimi, e contenne assai volte l’impeto e la rabbia dell’irrompente nemico. L’ultimo resto di quel forte venne distrutto per dar luogo alle nuove porte, composto di due casini ed un cancello; bellissimo pensiero dell'architetto municipale Luigi Donegani.

 

(1) A. 1109. In suburbio civ. Brix. apud eccl. S. Joannis. Doc. cit.

(2) Liber de viis factis et designatis in Circha. (Ext. in Lib. Poteris Brix. car. 233).... De Ponticello usque ad portam veterem S. Joannis, et ab eis usque ad portam de Albara et portain novam S. Joannis.

(3) A porta Veteri S. Joannis usque ad portam veterem Campi Bassi, et ab eis usque ad portas Cirche, scilicet portam Cirche Campi Bassi et portam Cirche S. Joannis. - Liber cit.


Il Camposanto.

Come dalla culla al sepolcro, dalla città dei vivi a quella dei morti è breve tratto.

Fuori porta S. Giovanni apresi a manca del pubblico stradale un’ampia via, che fiancheggiata da funerea selva di cipressi con bell’ordine disposti, conduce al Camposanto. È all’estremo di quel viale un vasto emiciclo, coronato anch’esso di pini, fra le cui brune masse biancheggiano quinci e quindi marmorei monumenti; e quell'emiciclo è chiuso dalla fronte dell’edificio, che sorge quadrangolare in mezzo alla campagna.

Vietata con decreto 5 settembre 1806 la sepoltura nelle chiese e negli annessi sagrati (nelle chiese di Brescia numeravansi 1087 avelli), fu nel 1808 comperato il terreno, benedetto ai 19 gennaio 1810 da mons. vescovo Gabrio Maria Nava di santa memoria, e si cominciò a seppellirvi il giorno dopo, continuando a portare al Fopone, fuori porta. S. Alessandro, i morti degli spedali.

Accolto nel 1815 il disegno del giovine, architetto Rodolfo Vantini, fu il dì 8 novembre posta con solennità la prima pietra, con queste parole del Morcelli: VI id. nov. An. MDCCCXV Gabrius Maria, Nava pont. eccles. brix. ad religionem cenotaphii publici auqendam spatio aediculae aedificandae so1emnibus coerimoniae dicato 1apidem sacrum auspica1em statuit.

Al disegno della chiesa era unito il progetto del portico esteriore per sepolcri di famiglia, formante a settentrione la facciata: il quale, approvato nel luglio 1816, fu


Invito a nuovi pensieri, e stimolo per l'architetto alla ricerca di quegli argomenti de’ quali riuscì fino maestro onde seppe condurre innanzi e assicurare il compimento, dell’edifizio.

Nel 1821 il progetto compiuto del camposanto venne premiato dall’ateneo di Brescia.

Il progetto era la continuazione esteriormente del portico, interiormente del colombario, per tutti i lati, interrotti a mezzo, come dalla chiesa nella facciata, così nei tre altri lati da una sala per cospicui monumenti. Ai grandi viali dell’ingresso, alla piazza semicircolare dinanzi, aggiungeansi grandi viali intorno, sparsi di cippi, con le abitazioni del cappellano e del custode ai due angoli a settentrione, e due edicole agli angoli di mezzodì. In chiesa, dove ordinate in giro nella parete in proprie nicchie son tredici erme di santi bresciani, esser doveano altrettante olle cinerarie, alcune con nomi di cittadini levati in fama, le più senza nome, quasi aspettandolo. E dal portico e dalle sale non si escludea la pittura ad avvivar memorie di amate persone od a rappresentar sacri misteri e innalzar l’anima alle immortali speranze. Tale cantò nel 1823 Cesare Arici il Camposanto, imaginandolo sin d’allora finito, notabilmente diverso da quello che è. Nel poeta è anche l’idea del faro, suggeritagli probabilmente dall’architetto che vi pose poi tanto amore, ma non espressa nel disegno.

Il 29 settembre 1824 mons. VescoVo Nava benedisse la chiesa e vi celebrò la prima volta.


Collocaronsi nel 1826 le tredici erme di santi bresciani, che furono perchè esprimessero fedelmente bresciane fisonomie, altrettanti ritratti di persone viventi. S. Alessandro è lo stesso Vantini. Si collocò nel 1827 l’arcangelo Michele; finironsi nel 1831 i due grandi leoni e le due donne piangenti: opere tutte dello scultore Democrito Gandolfi.

Il tempietto in forma di Piramide, monumento dedicato al beato Bossini, le cui reliquie non vi furono ancor trasportate, venne cominciato nel 1843, finito nel 1856. L’architetto presentò alla fine del 1849 i disegni del faro, tosto cominciato, e compiuto nel 1864, allorchè da otto anni era spenta la fantasia che lo aveva imaginato. Ne diressero gli ultimi lavori Giuseppe Cassa, poi

Alessandro Sandri, architetti della fabbrica dopo il Vantini di cui furon discepoli: ai quali succedette, altro discepolo, Giuseppe Conti nel 1871.

La Sala a metà del portico semicircolare a mezzodì, maggiore delle altre, fu destinata a monumenti pubblici, ed avendo nel 1841 il nostro pittore G. B. Cigola fatto erede l’Ateneo di Brescia, con obbligo di erogare in perpetuo la rendita (L. 5000) in porre nel Camposanto monumenti a bresciani illustri, tosto nacque il pensiero di accogliere tali monumenti in quella sala. L’architetto

Cav. Giuseppe Conti, mantenendo in tutto esteriormente i disegni del suo maestro, fece alcune mutazioni dentro e ampliamenti, richiesti dall’intendimento maggiore, in ispecie il grande ossario sotto, e ne condusse la costru-


zione che sinora costò L. 150.000, e per avanzare ha bisogno di nuovi aiuti, già in parte stanziati dal Municipio. - Un monumento decretato dall'Ateneo al Cigola, miniatore insigne, opera di G. B. Lombardi, aspetta sino dal 1864 di essere collocato. (Trovasi provvisoriamente sotto l’atrio del palazzo liceale). Son due belle figure al vero: la Pittura che commette alla Scoltura di porre monumenti a benemeriti cittadini.

Un altro monumento onorario decretò l’Ateneo col denaro Cigola ai Prodi caduti per la nostra indipendenza ; commesso per concorso allo scultore Luigi Pagani di Milano, fu collocato nell’arca del portico semicircolare da Teresa Boroni Semprebuono acquistata con generoso pensiero nel 1848, al cominciar delle nostre guerre, pe’ valorosi che vi perissero. Suggellata dopo il 1848 e quasi tenuta occulta, riaperta dal cannone di Magenta, accolse nel 1859 e di poi 14 italiani, 13 francesi, bresciani 2 soli, il maggiore Agostino Lombardi, caduto a Cimego (1866): e Tito Speri trasportatovi nel 1867 dai bastioni di Mantova.

L'eredità Cigola verrà col tempo accumulando nel nostro cimitero molti nobili ricordi e opere d’arte preziose.

Sono alcuni modestissimi cippi ne’ viali d’ingresso: uno al medico Stefano Giacomazzi morto nel 1830, postogli dagli amici: un altro a don Bernardino Marzoli morto nel 1835, ingegnoso trovatore di alcuni strumenti d’ottica. Nell'emiciclo v’ha monumenti più notevoli. Quello del generale Teodoro Lechi m. nel 1866, la Mestizia, è


del Tantardini: quello dell'avvocato Gio. Batt. Barboglio è opera di G. B. Lombardi : quello a dieci artisti bresciani fu posto nel 1835 dal Vantini a sue spese, con iscrizioni di L. Lechi. Altri ricordano Sigismondi Brozzoni, il generale Giuseppe Lechi m. nel 1836, il generale austriaco Nugent caduto combattendoci nel 49, Narciso Bronzetti caduto nel 59 a Tre Ponti, il Lombardi caduto a Cimego (1866), suo fratello perito in America, Camillo Guerini morto nel 61...

Opere di maggior pregio ornano le tombe di famiglia. Nel portico a mattina della chiesa il Redentore coll’Angelo della preghiera all’arca Valotti , e la donna genuflessa colla fanciulla all’arca Maffei-Erizzo sono del Sangiorgio: del Gandolfi la donna composta sul feretro all'arca Martinengo Cesaresco. All’arca Tosi-Avogadro scolpì Gaetano Monti in bassorilievo la vedova dinanzi al busto del marito, il Tosio, che legò a Brescia, con altri benefici, la preziosa Pinacoteca. Sono del Fraccaroli, nella cella all’angolo in fine del portico, il monumento posto da alcuni cittadini a Cesare Arici m. nel 36 (un busto, il ritratto del poeta, e un bassorilievo esprimente la Pastorizia), e il monumento dedicato dal Municipio a’ suoi benemeriti magistrati (Brescia che ne scrive i nomi): del Sangiorgio l’anima che dall’urna del podestà Giovanni Calini s’innalza al cielo nel simbolo d’una fanciulla: di Leone Buzzi e del Somaini il monumento posto a Gaudenzio de Pagave dalla erede città di Novara. Nel portico a ponente della chiesa il grazioso bassorilievo all’arca


Monti e la religione assisa sull’arca Noy sono di A. Labus, quello de’ primissimi, questo degli ultimi suoi lavori: e meritano all’arca Gussago e ad altre d'esser notate le scolture decorative di Giovanni Rizzerio Palazzi, e di Giovita Lombardi all’arca Venturi.

Nell’ala di sera è del Seleroni il gruppo di tre figure quasi al vero all’arca Balucanti: di Rizzerio Palazzi il lavoro di decorazione all’arca Raineri: di G. B. Lombardi il fanciullo co’ pellicani all’arca Mazzucchelli e all’arca Maggi-Via il ritratto al naturale del Maggi stesso in atto di soccorrere di limosina alcuni poveri: di Emanueli la Madonna alla tomba Rovetta. Ricompare il Lombardi con la bella figura della Memoria all’arca Richiedei; coll’Angelo che alla tomba Lana invita l’anima a uscir dal sepolcro: e dal lato di levante con la donna velata all’arca, Dossi in atto di visitare la cella mortuaria del defunto marito; alla tomba Zoppola coll’Angelo della Risurrezione;  all’arca Pitozzi colla Mestizia; all’arca Dusi colla preghiera; e alfine col busto del d.r  B. Guala nel faro. Di nuovo il Seleroni nel basso rilievo alla tomba Longo; nella vedova desolata alla tomba Bellotti; nell’Angelo del dolore all’arca Federici; nel tempietto Bossini dove effigiò il pio sacerdote genuflesso in orazione dinanzi all’imagine di Maria dipinta dall’Hayez, e nel faro dove, pure effigiò al vero l’architetto Vantini per commissione di lui stesso che volle risparmiarne la spesa alla gratitudine de' concittadini. Fece Tabacchi i due giovinetti fratelli alla tomba Cuzzetti che visitano i genitori spenti a un’ora stessa dal truce1 colera; Faitini l’anima ch’esce dalla tomba Cottinelli; Boninsegna l’affettuoso bassorilievo alla tomba Facchi e il busto alla tomba Capretti ornata da Giovanni Cargnoni. È nobil opera del Sangiorgio il monumento di Camillo Brozzoni nella sala del lato a sera. Dal lato stesso nel portico è fattura di Seleroni il ritratto di Giovanni Tavelli; è di G. Croff il bassorilievo a ricordo di Federico Sacchini ; ed è di Emanueli il busto del beato Bossini nella sagristia donato da Francesco Carini.


Oltre Arici, cantarono del nostro cimitero Giuseppe Nicolini nel Due novembre, Pietro Galvani in Una notte al Camposanto di Brescia, e qualche bel verso gli consacrerà Antonio Gazzoletti nella sua meditazione Sui ronchi.

Monumenti privati.

Palazzo Martinengo Cesaresco.

(Contr. S. Brigida, n. 358).

È una delle fabbriche più corrette e più gentili della nostra città, e forse ancora di qualche altra fra le lombarde. L’atrio poi non può essere nè più classico, nè più grazioso; e duolci che non per anco se ne conosca l’architetto, il quale diresti emulo quasi di Andrea Palladio. Se mi è pur lecita la congettura lo terrei pensiero del bresciano Lodovico Beretta. Jacopo Medici, bresciano anch’esso, e scolaro del Sansovino, scolpì le figure della porta.


 Palazzo Maggi della Gradella.

(Alla Carità, n. 8).

E questo ancora direbbesi del nostro Beretta. Severo e giudizioso nell’arte propria, fioriva intorno alla metà del secolo XVI, ed era in quel tempo l’architetto municipale. Veramente, la semplicità, la castigatezza delle forma di questo edificio lo avvertono di quel valentuomo.

Casa in contr. del Novarino, n. 204.

Notevole per le scelte sue forme architettoniche e belle decorazioni del secolo XVI.

Palazzo Martinengo del Novarino.

(Piazza del Novarino, n. 495).

In una saletta del quale sono otto imagini a buon fresco di robusta maniera, del Moretto.

Casa già di Lattanzio Gambara.

Era a tergo del Vescovato, n. 318. Il povero pittore aveva i suoi nemici, ma non credevali degni dell’ira sua

“Ond’ei ci lieto n’andava a sua salita

Non li curando" (1).

Epperò avea dipinto su questa casa la Verità rivendicata dal tempo, e un Atlante colle parole, - Indefessus labore. Sparve l’oscuro nome dei suoi persecutori; ma la memoria del suo magnanimo silenzio restò. Dei dipinti del Gambara restano solo pochi avanzi sotto l’atrio della casa.

(1) Manzoni. In morte di Carlo Imbonati. - Sciolti.


Albergo del Gambero.

Forse il più antico della città.

Pare che fino dal secolo XVI fosse il più splendido e frequentato; poichè a togliere la contesa che tra il conte Giorgio dei Martinenghi, meritamente chiamato dai francesi il superbo italiano, e la città di Brescia, per la preminenza dell’aversi ospite la duchessa di Mantova, faceva intendere questa, che sarebbe smontata all’osteria del Gambero; ma Giorgio, fatta levare l’insegna di quel1’albergo ed appendere in sulla porta del suo palazzo, obbligò la Gonzaga, con uno scherzo che la storia ha notato, a preferirlo.

Casa in contr. Dolzani n. 1453.

La marmorea fronte di questo casino è rimarchevole per l’eleganza dello stile e pei fregi, un po’ soverchi a dir vero, ma del bel secolo dell’arti.

Palazzo Martinengo Della Fabbrica ora Salvadego.

Grande omissione fu certamente quella del Sala nel passar oltre dinanzi al palazzo Martinengo di cui parliamo, il più grandioso fra i privati edifici della nostra città. Di elette ad un tempo e semplici forme ne sorge il portico di fronte al cortile; e benchè l’altre sue parti risentano del secolo e dei modi vanvitelliani è però in esso tale ampiezza di concetto da renderlo per ciò solo notabilissimo.


La sovrapposta galleria si decorava di quelle insigni armature da cavallo e cavaliere compiuto di tutto punto, che, vendute a Carlo Alberto re di Sardegna, passarono quale prezioso ornamento nella reale armeria di Torino.

Bellissima poi è una saletta prospiciente sul giardino tutta dipinta a fresco, opera notevolissima attribuita al Bonvicino, e certamente sono di quel grande artista tre degli otto ritratti femminili simmetricamente disposti due a due sulle quattro pareti.

Guillaume.

(Casa in contr. S. Francesco, n. 1966).

Ha una sala terranea coperta di grandiosi affreschi del nostro Lattanzio, condotti nel 1568, e rappresentanti il diluvio universale.

Casa Brunelli (contr. S. Cosmo).

Fornita di pregievoli pitture, tra le quali

Una Presentazione al tempio del Romanino. (Hieronimus Romani Brix. 1522).

Quattro diligenti lavori di Calisto da Lodi, formanti un solo complesso. Il Presepio, due apostoli laterali, e un Ecce-Homo per sopraquadro. (Calixuvs Lavdensis Faciebat 1524)

I SS. Stefano, Gerolamo e Pietro, del Romanino.

Una Madonna col Precursore ed un martire, della stessa mano.


Una tavola di antico e buono stile, rappresentante la B. V. coi SS. Giovanni e Giuseppe.

Casa Averoldi (contr. del Lauro n. 1848-49-50).

Possiede diversi dipinti del Romanino, fra i quali è a distinguersi un Redentore sotto il peso della croce. V’ha un Presepio attribuito al Foppa; un Cristo nell’orto, che vuolsi del Moretto; il ritratto di Altobello Averoldo d’ignota mano, ma di mirabile condotta, ed altre non ignobili tele, con un Salvatore, marmoreo lavoro del bresciano Franceschetti.

Casa Lechi (corso Vittorio Emanuele).

La famiglia Lechi vantava anni sono una galleria che per la scelta e pel numero dei quadri poteva noverarsi fra le distinte di Lombardia, ma alcuni dei più rari furono venduti ed ora la collezione è ridotta ai seguenti, pure molto pregievoli.

Albano. Un riposo in Egitto (?)

Carracci. La Deposizione, dipinta sul rame, e un San Francesco genuflesso.

Correggio. Due teste di angeli maggiori del vero.

Cima da Conegliano. Madonna col bambino.

Cagliari (Paolo Veronese). Mosè salvato dalle acque. -Battesimo di S. Caterina, descritto dal Ridolfi (1), e due angioletti.

(1) Vite dei Pittori ven. citati. - Paolo Cagliari.


Francia. Una soave imagine di Maria; - tavola.

Gaudenzio Ferrari. Madonna col bambino; - altra tavola.

Guercino. Adamo ed Eva. - S. Francesco. - Soffonisba.

Gambara. L’Assunta, già nel Carmine di Salò, laudata dall’Averoldi (1), nè ritenuta a torto per un capolavoro di quel pittore insigne.

Giorgione. Orfeo ed Euridice; vuolsi che nelle sembianze di Orfeo siasi il Giorgione ritrattato egli stesso.

Mantegna. Tavola rappresentante la Madonna col bambino, e S. Gerolamo.

Moretto. S. Giovanni Evangelista. - Ritratto di un vescovo. S. Caterina (n. 68 nell'elenco di famiglia tra gli incogniti). Altri ne ometto al medesimo attribuiti.

Morone. Fra l’altre cose, il ritratto maraviglioso di un Savelli, forse quella tela che il Chizzola attribuiva a Tiziano (2), e che dicea famosa. - Altra imagine di un sacerdote seduto.

Ogionno. Una Madonna coll’estinto Gesù; - tavola.

Orbello. Il giudizio di Paride. - Galatea ed Aci. -Il ratto di Proserpina. - La fuga di Elena.

Palma il giovane. La flagellazione (su pietra lavagna), ed un S. Rocco.

Parmigianino. Una Madonna col bambino, ed una tela in tre spartimenti, cioè l’Assunta, un vescovo, il Redentore.

(1) Pitture di Brescia cit. pag. 275.

(2) Pitt. e scolt. cit. Pitture del palazzo Ugeri.


Rigaud. Ritratto di personaggio illustre.

Romanino. Madonna che allatta l’infante Gesù, con S. Barbara.

Sarto (Andrea del). Ritratto dell’avvenente ed infedele sua moglie Lucrezia del Fede.

Savoldo da Brescia. Ritratto di un certosino. È noto quanto rade siano presso noi le cose di questo valentuomo.

Salmeggia. L’Assunta.

Sprangher. L'adorazione dei pastori.

Tiziano. Il riposo in Egitto; Venere e Marte colti nella rete; la fuga in Egitto; è forse un ritratto di se stesso.

Tintoretto. L’Annunciata. Una delle tele più preziose di questa galleria.

Wandick. Ritratto di magistrato, da noverarsi tra le più felici produzioni di quel fiero e vigoroso pennello.

Eccoti, o gentile che mi seguisti, quanto parvemi non indegno di ricordanza. Se fui minuto ricercatore di memoria antiche, sovvienti che non altramente n’avremmo la storia dei monumenti nostri, e riparata la noncuranza de’ miei predecessori. So ti parve fuor di luogo il cenno di patrie venture che agl’illustrati monumenti si riferiscono, ricordati che da que’ fatti risulta più che per altro alcuna volta la loro celebrità. Se credi ch’io dovessi numerare, e nulla più; soffocare dentro di me le mie


stesse impressioni, vorrei persuaderti ch’io non ho inteso redigere un inventario. Brevemente: se in alcun lato io ti piacqui, ed ecco adempiuto il massimo de’ voti miei. Se poi m’avessi avuta la disfortuna di riuscire ad annoiarti, credimi proprio che non l’ho fatto a posta.

Così pur fosse che l’amore della terra in cui sono nato avesse in queste pagine trasfuso alcuna cosa di non indegno del tuo compatimento. Oh patria!

Te sine, nil altum mens inchoat (1).

(1) Virgil. Georg. lib. III. V. 42.