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nerale impose alla città " di aprirgli le porte, di metter giù le armi e di ricever lui e le sue truppe, essendo egli risoluto a entrarvi o per amore o per forza.

Ma Speri fu pronto a rispondergli : " Generale, per forza potrete forse entrare in Brescia, per amore non mai! " E gli volse le spalle. Ritornammo al crocicchio: i nostri non c'erano più, perchè i tedeschi, seali, durante le trattative, invece di rimanere nelle posizioni proprie, s'erano avanzati al passo di corsa, costringendo i nostri (che non vollero violare la tregua) a ritirarsi nelle case e su per i tetti per non cadere prigionieri. Per nostra fortuna il generale, più leale dei suoi uffiziali, fece suonare l'alt in attesa della risposta del Municipio: così noi potemmo radunarci indisturbati e ritornare in città.

Lo stesso giorno, a sera.

Sì, ormai siamo in piena guerra!

Il popolo, radunato in Piazza Vecchia, appena seppe dal Sangervasio (che parlava dal balcone sotto la Loggia) della prepotente intimazione fatta dal generale Nugent, ha risposto con voce tonante: " No, resa no! Guerra!! "

Nugent conosce già la risposta e forse ci assalirà questa notte. Ma i cittadini sono già " a prova di bomba " ci ha detto il Comitato di difesa, nel proclama che ha pubblicato poco fa: " Noi li sfidiamo a qualunque ora. Poco importa che la nostra vittoria sia rischiarata dal sole o dall'illuminazione della città. " Precise parole del proclama!

Finalmente è entrato in città uno dei carri colle armi piemontesi! Che gioia, che frenesia! Mio padre, appena lo ha saputo, è corso dal quartiere al Teatro Grande: è arrivato trafelato, colla lingua fuori di bocca, ma ha fatto in tempo a ricevere un fucile, un


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