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nico il principiare del nuovo anno. Un editto (3 gennajo) del Baroffio, delegato provinciale, chiedeva nota dei nostri capitali, onde tassarli per un prestito di centoventi milioni di lire, che bucinavasi imminente per le terre lombarde.

Caduta Venezia già dall'agosto del 49, ci si prometteva, colla Dieta lombardo-veneta, la costituzione del 4 marzo che mai non veniva. La stampa dell'Impero continuava intanto a pascerci di fole e di promesse. == Vedrebbe il mondo, essa diceva, mirabili provvedimenti di larghezza e di libertà; vedrebbero gl'Italiani, come non dalle astrazioni degli unitarj e dei mazziniani, ma dal grande concetto della austriaca monarchia sarebbero uscite le nazionali istituzioni ravvivatrici del vivere civile. == Intanto gli uomini di fiducia (cosi nomavansi gli eletti dalle nostre città perché fossero in Vienna propugnatori, negli aulici consigli, dei diritti e dei bisogni del popolo lombardo) se ne stavano colà badaluccando; donde poi ci venivano le più strane e portentose novelle. Avrebbero le provincie parlamento a sè, governo proprio come liberi Stati, colla sovraintendenza della corte di Vienna: altri dicevano di un grande parlamento in Vienna come interprete dei voti di tutta la monarchia. Negata l'una e l'altra cosa, e' replicavano di converso, che ai sommi interessi dello Stato sarebbersi rivolte le parziali amministrazioni, per le quali soltanto avrebbero le provincie larga balìa. Brevemente, non erano che lustre ministeriali per allettare la menti, onde ingannate e divagate, non badassero allo stato d'assedio ed al governo militare che tutti ci sobillava [1].

Il perchè nel più cupo delle valli e su per le scogliere delle patrie montagne erravano tuttavia le bande inseguite dei disertori; e segno di speranze non estinte, serbavansi a gran secreto depositi di tamburi, di giberne e di bandiere,

  1. RANALLI, IV, p. 236.


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