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Pur quella notte non fu senza un'ultima consolazione. Perchè intorno alle undici, mentre il lurido baccanale degli accampati andavasi rallentando, e i fuochi dei bivacchi gettavano i lampi estremi, fu di lontano udito, a poco tratto dalla città di verso ponente, un moschettare assai vivo; poi tacersene d'un tratto, sicchè più nulla s'intese.

Era il Camozzi, che già disperato della battaglia di Novara, lasciata Bergamo, fermo ad ogni rischio piuttosto che abbandonarci, con audacissimo sforzo contrastando agli Austriaci il passo, con quasi ottocento uomini e buon carico di munizioni e d'armi, era giunto fino al borgo di s. Giovanni. All'incerto crepuscolo della sera veduto in sugli spaldi e sulle torri le bianche insegne della capitolazione, pur soprastava [1], risalendo ai colli vicini.

Partito il 30 marzo dalla patria omai caduta, tenendo la via di Grumello, Sarnico, Adro e Gussano, avvicinandosi alla nostra città (erano le 2 pomeridiane del 1.º aprile [2]), sgomberava degl'inimici i due ponti sul Mella, delle Grotte e di s. Giovanni: poi conquistato il prossimo borgo, già toccava la porta cittadina; ma saputo per lettere appressarsi da Chiari, da Rovato, da Ospedaletto, da Palazzolo meglio di quindicimila Tedeschi, si raccolse al ponte delle Grotte ed a Torricella come in aspetto dell'avvenire. Senonchè intorno alle dieci della notte, guidato da un delatore, di cui (perchè a punirlo non bastasse l'infamia) tacevasi dal Correnti il tristo nome [3], un grosso corpo d'Austriaci entrava improvviso nella

  1. La sua marcia durò tre giorni, perchè impedita dalle pioggie del 30 e 31 marzo, ed 1 aprile. CAMOZZI, op. cit. pag. 37
  2. L'avangardia era di 103 combattenti. Il dettaglio di quel misero fatto può leggersi nel PORCELLI.
  3. Il nome del delatore non fu per altro taciuto dal VENOSTA (il martirio di Brescia, Milano 1856, p. 75). Egli era un totale Patuzzi, agente comunale.


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