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Nulla rispose il generale, ma chiamatolo a sé vicino, gli additò dall'alta rocca sulla via di Milano (che discoprivasi tutta come una bianca e tortuosa benda perdentesi nell'orizzonte) un accorrente esercito, una selva di bajonette che luccicavano di lontano avanzandosi sempre più. Finalmente l'accomiatava con uno scritto, in cui mettendo per patto sarebbersi que' battaglioni ricevuti senza colpo ferire; che si sarebbero atterrate le case dalle quali fosse partito un colpo; che verrebbero deposte l'armi, restituiti i prigionieri, e dati ad ostaggio sei cittadini, prometteva che nulla di ostile avrebbero sofferto li tranquilli cittadini.

Accolte e divulgate le condizioni, reso vano il patto degli statici per li prigioni omai riconsegnati, dall'alto dei campanili e dai veroni delle finestre sventolarono ad un tratto le bianche bandiere; e quegli stessi che poco prima saldi alle barricate le difendevano a prezzo di tanto sangue, gettato a terra il fucile, s'affaccendavano a disfarle.

Ma il nerbo de' più sdegnosi, ridottosi a porta Pile ed a quella di s. Giovanni, resisteva ancora. Finalmente alle 3 pomeridiane, superata la porta egregiamente dai nostri fino all'ultimo difesa, tutto superbo d'essere stato al badalucco di Novara, entrava il terzo corpo d'armata [1], impaziente di sangue e di bottino. Il suono provocatore delle bande militari, il rullo dei tamburi, gl'insultanti evviva dei Croati, che aspettavano di sbrancarsi alla preda, lo scalpito dei cavalli, il murmure cupo incessante de' traini e delle batterie che sfilavano fragorose per la via della Pallata della Pace di s. Francesco, mettevano in tutta la soggiogata città un fremito di raccapriccio. Venti battaglioni di fanti e lunghe schiere di cavalli accampavano per le contrade e per le piazze. Quali

  1. Vedi nell'Ulloa (Storia dell'indipend. italiana) la distinta dell'armi diverse del terzo corpo d'armata.


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