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a dispetto di un nugolo di delatori e di cagnotti, il coraggio dell'attendere e dello sperare.

Eccovi intanto nella identica sua forma una paginetta del numero, 13.

BOLLETTINO DELL'EMIGRAZIONE Nº 13.

Torino, 3 gennaio 1849.

La guerra dell'indipendenza sta per ricominciare. Gridatelo alle città ed alle campagne, gridatelo alle valli e alle pianure. Apparecchiate i ciottoli, i pugnali , le falci, i tridenti: i fucili ve li porteremo noi; tenetevi pronti e concordi. Il turbine popolare spazzerà via un'altra volta questi automi del dispotismo. L'Italia non quieterà mai, e il mondo non avrà mai pace, finchè giustizia non ci sia fatta.

Quando li cannone tuonerà a richiamo sul Ticino e sul Po, sorgi in un sol giorno, o popolo di Lombardia! Cinquanta contr'uno! Contr'uno di loro cinquanta de'nostri! Col solo grido concorde puoi volger in fuga codeste masnade di ladroni!

Quando nei primi, noi Lombardo-Veneti rompemmo nel passato marzo la guerra d'indipendenza, non fu un sublime istinto, una divina inspirazione che ci spinse contro un nemico lungamente preparato, inermi, senza saper gli uni degli altri, nel giorno stesso, nell'ora istessa, in tutte le città e le borgate del Regno? Ora l'esercito Sardo ritemprato dalla doppia esperienzaa delle vittorie e de'rovesci discenderà primo in campo: e lo precederanno, ben augurosa vagnguardia, i reggimenti Lombardi e l'emigrazione armata; lo fiancheggieranno le milizie Toscane, e i battaglioni Romagnoli, che portano seco i gloriosi presagi di Curtatone, di Bologna e di Mestre. - E il nemico circuito e minacciato d'ogni parte, dalle Alpi, sul Ticino, sul Po, e dalle Lagune, sentirà traballare sotto i suoi passi incerti li terreno, e muggire di nuovo il flutto che dieci mesi fa lo gettò naufrago nelle sue fortezze, se tu, o popolo martirizzato, come con ti sei giammai dimenticato della tua dignità, ti vorrai allora ricordare della tua forza.

Essi ci hanno lesegnato a disprezzare la vita! L'anno scorso noi, popolo poetico e dolce, abbiamo fatto una rivoluzione cortese e cavalleresca. Quest'anno sarà guerra e rivoluzione d'uomini forti contro una razza ferina, sarà una caccia di belve carnivore.

Con questi pensieri abbiamo auspicato l'anno 1849. E la nostra magnanima alleata l'Ungheria c'inviva come strenna e come egemplo la notizia della vittoria di S. Tommaso: venticinque mila Austriaci disfatti, tutte le artiglierie prese, un munitissime campo distrutto, e l'esercito vittorioso, accorrente a nuove vittorie costro gli Austriaci di Windischgraetz: ecco il buon capo d'anno che gli Ungheresi mandano all'Austria. E noi? Noi le prepariamo una terribile danza pel carnovale.

Il ministero democratico ha sciolto la Camera ecc.

" Ma tutti gli sguardi si rivolgevano intanto alle energiche resistenze dell'arditissima Venezia ed alle pugne animose e perduranti dell'Ungheria. Ed era fatale che ogni cuore lombardo pregando allora pei figli d'Attila, invocasse la fratellanza di coloro che passeggiarono un tempo sulle rovine delle nostre città ".

" La nordica stampa deridevaci intanto, e più la prezzolata, e sopra tutto la Gazzetta d'Augusta, che bassamente dei vinti schernitrice, gracchiava allora invereconda e procace. Ricordo ancora, che riniasto prigioniero nel primo rompere della rivolta Hammer Purgstall, siccome figlio del celebre orientalista, veniva in Brescia da Giacinto Mompiani gentilmente ospitato. Tradotto a Milano, il Manzoni ed il


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