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quali disertori si trovassero, e alle famiglie alle quali appartenessero, soprattutto l'arresto di quasi tutti gli amministratori dei municipio per titolo d'ommessa rivelazione (d'effetti militari di pertinenza austriaca e straniera, e la multa di 720,000 lire, imposta all'intera città per espiazione della non sua colpa, quanta mala disposizione dovessero partorire, non è bisogno che si dica. Nondimeno considerando che tutto dipendea in conclusione dall'andamento della guerra, che il nodo delle parti stava in mano dell'esercito, che sciolto in Piemonte era sciolto in Lombardia, che l'insurrezione vincendosi in campo era inutile, e perdendosi sarebbe stata fatale, la parte più sana e maggiore della popolazione, giovata altresì dall'assenza di tanta gioventù fuoruscita in Piemonte, era per la quiete; sicché il pensiero di far movimento bolliva poco più che nel popolo basso, ed in alcuni cervelli esaltati dalle idee repubblicane. Ma, come intervenne, per lo più ne' tempi straordinarii, ai prudenti prevalsero gli audaci al consiglio il furore e alla classe civile la moltitudine. Ebbe dunque il suo marzo anche il 1849, in ciò differente da quello dei 48, che in questo un istantaneo subbuglio, una dimostrazione piuttosto che una battaglia bastò alla vittoria, in quello un conflitto di dieci giornate, un esercizio di stupenda prodezza partorì la caduta e presso che lo sterminio di Brescia.

Cominciavano le cose a turbarsi tostoché la guarnigione austriaca, sotto il comando dei generale Appel, successo all'Haynau , lasciato un deposito d'armati, circa a 500 , in castello e d'ammalati negli spedali militari, il giorno 16 marzo abbandonò la città per. raggiungere il grosso dell'esercito. Il giorno 20 una calca di popolo, portando via in un drappo l'immagine di Pio IX, concorreva in Piazza Vecchia, e portatasi fin sotto il portico della loggia, chiedeva la rinuncia del dottor Giovanni Zambelli, che in assenza del podestà Angelo Averoldi profugo in Piemonte, dirigeva il Municipio, e che era spiaciuto ai perturbatori, a cagione d'un suo proclama, col quale raccomandando la quiete, avvisava che in caso contrario il presidio avea ordine dal generale di far fuoco dal castello. Al Zambelli, che la sera del giorno stesso rinunciava la carica, il consiglio comunale, convocatosi il giorno seguente, assistendo


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