26 (marzo)

Il lunedì sul timore che la guarnigione del Castello facesse una sortita, per sorprendere improvvisamente i cittadini e per provvedersi d'acqua, di cui si credeva mancare, il Comitato di difesa trovò necessario che si guardasse la salita di S. Urbano con una cinquantina di uomini, i quali, avviandosi dalla caserma del teatro al posto accennato, furono ingrossati da parecchi volontari che anelavano d'essere i primi a scontrarsi col nemico.

.... che comandava questa mano di bravi li appostò all'angolo estremo della piazzetta dell'Albera. In attenzione del nemico fu proposta la costruzione di alcune barricate ne' luoghi che meglio importavano e chi n'ebbe la direzione, aiutato da que' volonterosi, ne innalzò quel di stesso sotto il volto per cui si va in Castello, alle Consolazioni, a S. ( Urbano ) ecc. Allo sbocco della via che scende dal Castello si scavò eziandio una ben capace fossa che servisse d'inciampo non solo alle artiglierie, ma anche alla truppa. Altra fossa, più profonda, si scavò di fianco a questa, al principio di un angusto viottolo chiamato dei Santi, che a guisa di scala sale verso il Castello, e se ne tolsero parecchi scaglioni e più innanzi si chiuse con barricata di legno che fu poi rafforzata di muri.

Al sopravvenire della notte la piccola truppa fu divisa in tre parti, assegnando ad ognuna un capo, e l'una si collocò a porta Bruciata, nell'osteria chiamata del frate, una seconda sotto il volto, la terza più innanzi, ponendo sentinelle avanzate sin'oltre le Consolazioni, per osservare ogni movimento del nemico ed impedire le spie che potessero ragguagliarlo delle disposizioni del Comitato. Di queste spie una appunto fu sorpresa nella notte, che ignara dell'agguato saliva in Castello. Sostenuto in una casa vicina, allo spuntare dell'alba, l'infame, ch'era un agente della vecchia polizia, per nome Giuseppe Gorgato detto il Frate, fu tratto sulla piazza e la comparsa di lui mosse tant'ira in alcuni che, senza la generosità dei capi, sarebbe stato ucciso. Spedito al quartier generale dei ronchi, non vi si rinvenne il Boifava e fu ricondotto in città e chiuso nelle prigioni di piazza vecchia.


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