23 (marzo)

La mattina del 23 vennero invitati gli iscritti alla Guardia di recarsi nella sala del Teatro per armarsi di sciabola, eleggere un comandante e disporre le pattuglie per la sera. La popolazione era tranquilla. La notte antecedente i Gendarmi acquartierati in Broletto furono chiamati in Castello; e il Comandante della Piazza portò la sua residenza in St. Urbano. Alle dieci della stessa mattina un cartello affisso agli angoli delle vie invitava il popolo a convocarsi per le undici in Piazza Vecchia, onde ivi discutere affari di grave importanza. La maggior parte e la più assennata della popolazione trovò intempestivo il convegno e non intervenne.

Cotesta chiamata del popolo seppesi essere stata provocata dalla società fornitrice delle proviande militari, onde ottenere che il danaro che stava nelle casse, invece di essere consegnato al militare, servisse a salvare un suo credito di somministrazioni, pel valore di L. 150/m. Ad onta dei molti fautori comperati la proposta fu freddamente accolta dal popolo, il quale preferiva serbare il denaro esatto pei bisogni della patria.

Stabilitosi l'ordinamento e il comando della guardia, restava ancora da combinarsi il modo dell'armamento col Com.te del Castello. Chi scrive, queste memorie ritornando dal Teatro in compagnia del Dirigente, fu circondato da fautori della compagnia fornitrice, affinché s'interponesse presso Saleri per ottenere che il militare facesse un assegno alla società medesima di una parte del denaro delle casse, sufficiente a coprire il suo credito. Respinta da lui con isdegno una proposta tanto contraria ai bisogni della Patria, e recatosi al Municipio, vi trovò sì bene prevenuti quegli impiegati che il Dirigente si lasciò persuadere di combinare col Comando militare il modo di questo pagamento. Uno allora della società si diè premura di far venire al Municipio un sergente di Provianda onde far constatare alcune forniture mancanti di recapiti, e si recò eziandio dal Comandante della Piazza perché fosse persuaso (mediante promessa di larga remunerazione) di venire in persona al Municipio a combinare l'affare.

Il progetto non si effettuò per li eventi che accaddero, nè fu data la mancia promessa. ond'è che al ritorno degli Austriaci, la persona che agiva per la Società venne presa di mira e accusata di aver voluto tirare in trappola i due ufficiali di piazza per darli nelle mani del popolo; per fuggire l'arresto dovette emigrare.

Mentre si praticavano queste mene la popolazione venne a sapere che la Società non era creditrice del Municipio ma del Governo, che ingiuste erano le sue pretese e che perciò si doveva impedire che ad essa venisse pagata alcuna somma. Tornava il sergente di provianda al Comune e fu ventura salvarlo dalle mani del popolo che già erasi posto a gridare: Dalli, dalli . In quel momento alcuni carri di legna e di pagnotte venivano tratti in Castello; e il popolo di nuovo a gridare: Dalli. dalli . e a passare dalle grida ai fatti! In meno che non si dica scavalcati, a pugni i conduttori, fugata la guardia e dispersa ogni cosa, le legna si convertirono in armi, e rotto ogni freno si comincio a correre per le vie ed a strappare dovunque le insegne imperiali.

Il popolo per tal modo riunito tornò al Municipio, ove tuttora stavasi discutendo, col comandante di piazza. ivi condotto, del modo di pagamento; e veduta la bisogna andar per le lunghe, stanco di indugi, si mise a. gridare: Vogliamo ostaggi il comandante col suo aiutante; vogliamo che nulla si paghi ai fornitori! Morte a chi tradisce la Patria.

Presentatosi Saleri per calmare il popolo, pareva già che le sue parole fossero ascoltate, quando il cannone del Castello cominciò un tratto a tuonare; e tre bombe caddero sullo stesso palazzo civico, le altre due sovra case vicine. Non si udì più ragione!

In un attimo la piazza fu gremita di armati, alcuni con fucili, alcuni con sciabole, altri con accette e nodosi bastoni e pezzi di legno, onde vendicarsi di quei colpi sul comandante di piazza e sul suo aiutante. Le sale municipali furono invase di plebaglia.

Chi scrive trovavasi vicino al dirigente e al comandante di piazza, il quale altamente disapprovava la condotta del castellano che lo comprometteva in faccia ai Bresciani. Svenutosi di paura potè a stento salvarsi in una stanza attigua alla sala; ma al primo tentativo di fuga fu colpito da una bastonata che lo stramazzò. Scena miseranda, vedere. questo vecchio, quasi cadavere, giacente nel proprio sangue, circondato da uno stuolo di gioventù furibonda che anelava di vendicarsi e gli impediva ogni soccorso; l'aiutante livido per tema e pur esso abbattuto; il dirigente, in mezzo alla plebaglia meditando seduto al modo di potersela svignare; finalmente l'appaltatore dietro ad un paravento, più somigliante a cadavere che ad uom vivo.

Le artiglierie del Castello continuavano intanto a fulminare palle sulla città e il popolo non se ne dava pensiero. Ritornato in sè il Comandante prima sua cura fu di scrivere al castellano di cessare il fuoco; poscia venne col macellaio Maraffio ad una specie di capitolazione colla quale si accordava al presidio del Castello di uscire disarmato, incamminandosi verso Verona;. si prometteva di consegnare ai cittadini tutte le armi degli ammalati che stavano negli spedali; si facea responsabile il Municipio per la conservazione degli ammalati, che si doveano a suo tempo restituire.

Approvatasi con giubilio questa convenzione dal popolo, fu tosto partecipata al comandante del Castello e al direttore dello spedal militare, i quali non vollero rispettarla siccome estorta dalla violenza. Il popolo corse allora a dare l'assalto agli spedali e ad asportarne le armi ecc. In quella zuffa un cittadino perdè la vita ed uno rimase ferito. Vi rimasero feriti del pari, più o meno gravemente, vari soldati convalescenti, italiani e croati, e diversi altri morti. I due uffiziali di piazza, scortati da Maraffio ed altro macellaio., furono condotti sui ronchi al quartiere generale del Boifava.

Alla sera giunsero a Brescia vari emigrati bresciani narratori di brillanti successi e di un prossimo arrivo d'armi e di armati comandati dal Camozzi. Affermavano in pari tempo che Milano, Bergamo e Como erano in piena sollevazione ecc. Si figuri ognuno le grida di giubilo, il portare quasi in trionfo i nuovi venuti e la baldoria di quella notte!

Circa il mezzo di quella stessa notte una forte pattuglia si staccò dal castello per recare un dispaccio al Municipio, ma trovata barricata la discesa sino alle Consolazioni, ebbe timore, e consegno il dispaccio ad un carceriere di S. Urbano, appostandovisi in aspettazione di risposta. Si esigeva dalla Congregazione: la consegna dei due prigionieri; la sua responsabilità per la sicurezza degli ammalati; il versamento di tutto il danaro nella cassa del castello. Non essendosi tosto fatta risposta la pattuglia si ritiro. Speditasi poscia non venne accettata. Alla mezzanotte, tardando il riscontro, il comandante del castello ricomincio il bombardamento che prolungò sino alle due. Al primo rimbombo delle artiglierie le campane della città suonarono a stormo; tutta la popolazione fu in moto; si, illuminarono le case. si corse all'arme dai più e tutta la notte trascorse in vigilanza e in preparativi di difesa. Il dirigente Saleri andando a casa sua disse di essere caduto e di averne riportata una leggera contusione in una gamba, onde più non comparve.


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