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si concedeva la ritirata. Quest'ultima condizione, che assai bene quadrava ai Bresciani, indusse il Comitato a mandare un medico militare al generale Nugent, perchè lo ammonisse a ritirarsi oltre l'Adige, senza più molestare, violando i patti, i popoli lombardi. Il generale, il quale era, come dicemmo, malamente ferito, appena sentì le parole del parlamentario, che, senza più oltre chiarire le cose, come la giustizia e l'umanità avrebbero pur voluto, gl'intimò di levarsegli d'innanzi e di tornare a' suoi infermi. Ma i cittadini, ingannati da tanta concordia di liete novelle, e non disingannati nè dagli amici, nè dai nemici, sempre più si persuadevano che gl'Imperiali, battuti e perseguitati in sul Ticino dai Piemontesi, volessero per sete di vendetta e di preda buttarsi su Brescia e farne strazio, prima di ridursi entro le linee loro assegnate dai vincitori.

Mentre di tali speranze, che a tutti allora parevano certezze, pascevansi i Bresciani, le fanterie nemiche, le quali, finchè bastò la luce diurna, erano state tenute in rispetto dal gagliardo fuoco del torrione della Pusterla, col favore delle prime tenebre in silenzio e rapidamente per la porta di soccorso riducevansi in castello. E poco oltre la mezzanotte vi giunse anche, da niuno aspettato, il tenente maresciallo Haynau colla


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