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provincie amatori del viver libero e teneri dell'onor nazionale.

E tanto valse la fede recente del più solenne patto politico di cui la storia dia esempio, e la pietà d'un popolo intero di profughi che protestavano di non esser stati vinti e di non volersi rendere vinti, ed il dispetto di una fuga inesplicabile, che in breve il Piemonte si rincuorò e tornò a credere a' proprii destini. E anche i più restii per diffidenza o più avversi per interesse alla guerra di libertà, sentendo rinforzare il vento contrario, non osavano più predicar la pace ad ogni costo, e aspettavano l'opportunità, o di rompere la guerra, quando altro non si potesse, o di far la pace in termini meno disonesti. Ma nell'ottobre e nel novembre, giunte le novelle della rivoluzione viennese e della guerra fra l'Austria e l'Ungheria, fuggito Pio IX, e prevalente la democrazia in Roma ed in Toscana, più si rinfiammarono le impazienze del partito della guerra in Piemonte, e le speranze dei lombardi. E il Ministero, benchè tutti lo giudicassero deliberato a temporeggiare insino all'ultimo, pure, non sappiamo se per tenersi aperta anche la via delle armi o se per qualche più cupo consiglio. cominciò ad accogliere benignamente i capi de' fuorusciti e ad assecondarli. Di che tosto si videro i frutti:


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