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Occupate le posizioni dei ronchi dagli Austriaci, seguendo il vandalico sistema introdotto nel loro esercito dalla ferina natura dei capi, si misero a saccheggiare ed incendiare diversi casini di campagna ad uso di villeggiatura. Dopo tali gloriose gesta , piombarono sulla città, facendo impeto a porta Torrelunga, mentre un continuato bombardamento da parte del castello colpiva specialmente quella stessa posizione della città.

Intrepidi i Bresciani difendevano le barricate, e nè le bombe del castello, nè il cannoneggiamento al dì fuori, nè la fitta moschetteria bastarono ad atterrire quegli intrepidi petti, dai quali scoppiavano di tratto in tratto le grida di viva l'Italia , e sebbene non avessero un sol cannone da opporre ai nemici, coi soli fucili ne sostennero il prolungato assalto. Soltanto la morte costringeva quei prodi ad abbandonare il posto, il quale veniva tosto rimpiazzato da altri, giacchè andavano a gara nello spingersi avanti onde essere a miglior portata di offendere il nemico. Un intrepido cittadino, di cui taccio il nome per non comprometterlo maggiormente, fra le palle nemiche osò salire sui cancelli di ferro della porta, e piantarvi una rossa bandiera. Il conflitto durò fino a sera, e sebbene guaste in ispecialità dalle palle de' cannoni, nessuna barricata fu abbandonata. Il nemico si ritirò di nuovo a Sant'Eufemia, idrofobo per non aver potuto sfogare la sua rabbia sui cittadini, come aveva fatto sui loro averi nei vicini ronchi. Ognun s'immagini quale entusiasmo e quale gioia si diffondesse sulla città; era il secondo vigoroso assalto che avea sostenuto, e credeva ormai che dovesse essere l'ultimo, mentre ragionevo1mente riteneva che dopo quegli inutili tentativi del nemico per vendicarsi di Brescia, fosse alla fine costretto di obbedire all'armi-


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