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zione da fare cogli Austriaci; e perciò, ad eccezione di pochi iniqui, tutti i cittadini con più o men calore aspiravano ad una nuova lotta per la causa dell'indipendenza; ma non s'accordavano fra loro riguardo ai mezzi, mentre gli aristocratici ed i moderati abbruciavano ancora incensi all'idolo che li aveva sedotti, Carlo Alberto, e da lui solo attendevano la salvezza; i liberali speravano che il re fosse ridotto all'impotenza di tradire, ed avevano qualche fiducia nel generale Chrzanowski, molta nella nazione piemontese, nella rivoluzione della Lombardia, e nel sussidio della armi romane, toscane e venete; il popolo pensava a combattere con coraggio senza internarsi nella questione politica.

Anche in Piemonte gli animi erano disposti alla guerra; e sebbene volessero intraprenderla sotto gli auspici del re, ove questi però si fosse rifiutato, avrebbe messo in pericolo il trono. Non potendo perciò scansare la guerra, Carlo Alberto, per salvare lo scettro alla sua dinastia, s'accordava col maresciallo austriaco di ingannare i popoli con altra manovra militare, con un nuovo tradimento. Siccome però i popoli della Lombardia non erano disposti a prestargli la cieca fede dello scorso anno, bisognava procurare di rassodarla con scaltri mezzi; e la camarilla piemontese, fors'anco con suggerimenti dell'austriaca, perveniva ad ottenere sufficientemente il suo scopo. Per non intrattenermi a lungo su tale argomento, che non è ora mio assunto lo scandagliare minutamente le malvagie arti delle corti, parlerò soltanto di uno dei principali mezzi adoperati per offuscare le menti. Voglio parlare del Comitato insurrezionale. Questo aveva centro nello stesso Ministero piemontese, ed estendeva le sue braccia nella Lombardia al precipuo scopo di preparare e dirigere l'insurre-


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